Durante un’audizione alla Camera del presidente dell’Istat Giorgio Alleva è emerso che più si studia, più si va incontro ad una prima occupazione «atipica» o precaria.
La precarietà all’ingresso nel mondo professionale «cresce all’aumentare del titolo di studio, essendo pari al 21,2% per chi ha concluso la scuola dell’obbligo e al 35,4% per chi ha conseguito un titolo di studio universitario. Come dimostrano altre ricerche, ciò non vuol dire che il titolo di studio non abbia peso nel medio-lungo periodo, a cominciare dal migliore inquadramento e stipendio che è in grado di offrire. Ma l’ingresso nel mercato del lavoro resta problematico e le differenze di genere aumentano nel tempo, registrando uno scarto di circa quattro punti percentuali tra i nati tra il 1960 e il 1974, di dodici tra i nati tra il 1975 e il 1979 e di sedici tra i più giovani».
La disoccupazione giovanile desta preoccupazione unita al fatto che molti giovani non hanno forme di pensione integrativa, un problema destinato a manifestarsi in futuro.
La soluzione proposta da Alleva: «Sarebbe opportuno favorire l’ingresso e la permanenza dei giovani nel mercato del lavoro, incrementando, ad esempio, le risorse disponibili per le politiche attive e la formazione dei lavoratori».