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Coronavirus. “Ecco perché l’immunità di gregge è un mito”. La conferma degli scienziati


Se si rinunciasse a tutte le restrizioni nel perseguire un’immunità di gregge, esponendo cioè una popolazione al virus allo scopo di costruire un’immunità naturale, ci si potrebbero aspettare epidemie cicliche di Covid-19 anche di altri ceppi, forza lavoro fortemente ridotta per malattia e ancora morti.

Lo indica una revisione di dati di riviste mediche internazionali e di ricerche universitarie, da quando la malattia è stata individuata a Wuhan in Cina nel dicembre 2019.

Responsabile del progetto Raina MacIntyre, a capo del Programma di ricerca sulla biosicurezza dell’Università del New South Wales.

“L’immunità di gregge – scrive – è un mito. Ha una connotazione di eugenica”. “Si avrebbe un forte aumento dei contagi con poco vantaggio a cui seguirebbe la necessità di più lockdown, perché il sistema sanitario sarebbe gravemente impattato”.

“Si avrebbe metà della forza lavoro in malattia o quarantena – continua – e una massiccia insorgenza del virus negli ospedali, a spese di altri interventi e trattamenti”.

“Al momento – conclude – non sappiamo quanto duri l’immunità da Covid-19, non sappiamo se si formino mutazioni anche minori che farebbero circolare un ceppo leggermente differente. Se questo avvenisse, non sappiamo se una precedente esposizione offrirebbe una sufficiente immunità”.

(ANSA)

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