Da poco è stato reso noto il nuovo calendario dei test accesso numero programmato 2020/2021. Come ogni anno si ripropone il solito dilemma etico: E’ giusto che il futuro di una giovane donna o di un giovane uomo sia interamente affidato alle sorti di un unico giorno?
Tempo fa ci eravamo posti la stessa domanda alla quale ci sentiamo di dare la stessa risposta. O meglio, aveva risposto il giornalista e scrittore Walter Giannò che ritorna attualissimo.
La questione è delicata. Di fatto, non è cosa buona e giusta che sia impedito allo studente non tanto di scegliere liberamente la propria Facoltà quanto di averne accesso senza ostacoli. E, nel caso in cui dovesse fallire l’appuntamento con il test d’accesso, o è costretto a optare per un altro corso o – per chi può permetterselo – a cambiare città (finanche Paese).
Chi lo dice, poi, che un test abbia davvero la capacità di “comprendere” a priori se uno studente possa un giorno diventare un buon medico o se è preferibile che lasci perdere e si dedichi ad altro?
È come se il primo tema d’italiano al IV ginnasio debba sentenziare se il Liceo Classico possa fare al caso tuo o sia meglio optare per qualcosa di più tecnico.
È successo a chi vi scrive… Il primo scritto è stato un disastro. Voto: quattro. E la professoressa mi disse: «Sicuro che questo sia il posto giusto per te?». Com’è andata? Sono stato promosso con quasi tutti sei. L’anno successivo la professoressa di Lettere si trasferì e con la nuova insegnante cominciai a scrivere da nove (e oggi con le parole “ci campo”).
Questo semplice aneddoto per dimostrare quanto potenzialmente sia pericoloso affidare ad un test il “futuro” di un/una ragazzo/a.
D’altro canto, però, senza numero chiuso si rischia di avere facoltà “iperpopolate” (ed altre disabitate), come se la nostra società avesse bisogno di un esercito di avvocati o di psicologi.
Quale soluzione allora? Limitare o liberalizzare? Di solito la risposta sta in mezzo… Tentiamo di trovarla?