Forse complice la pandemia di Coronavirus in atto, forse perché ad oggi viene percepito come un lavoro “sicuro”, fatto è che le domande al test di Medicina 2020 sono arrivate ad oltre 33mila, il doppio del 2019 (circa 16mila). Ma c’è un’altra novità rispetto al passato: gli studenti che oggi si apprestano a sostenere la prova dovranno pagare di più rispetto a chi è venuto prima di loro.
L’aumento è stato deciso dalla Conferenza dei rettori delle università italiane (Crui) con un occhio al passato – tenendo conto del costo delle precedenti sessioni -, ma anche al presente. Per limitare gli spostamenti superflui ed evitare che si possano creare troppi assembramenti, infatti, per la prima volta gli iscritti potranno dare l’esame anche in università più vicine ai luoghi in cui risiedono anziché andare nella sede di prima scelta. Ma questa operazione ha un costo: 100 euro per tutti, indipendentemente dall’università. Fino all’anno scorso sostenere l’esame di medicina in alcuni casi poteva costare oltre tre volte di meno: quello deciso dalla Crui è insomma un aumento importante, che avrebbe colto alla sprovvista anche il ministro dell’Università Gaetano Manfredi.
Non solo. Anche alcuni atenei hanno dovuto modificare in fretta e furia le regole. L’Università di Catania per esempio ha pubblicato il primo luglio – primo giorno utile per le iscrizioni – un decreto integrativo con il nuovo costo di 100 euro, mentre il bando aveva ancora il costo precedente di 30 euro. A spiegare la decisione è Eugenio Gaudio, rettore della Sapienza, vicepresidente della Crui: “La cifra è il frutto di una media ponderata realizzata tenendo conto dei costi previsti negli anni precedenti negli atenei dove si svolgevano i test – dice –. In alcuni casi il costo è aumentato ma in altri è diminuito. Per l’emergenza Covid si è cercato di evitare assembramenti offrendo la possibilità agli iscritti di dare l’esame anche in università più vicine ai luoghi di residenza ed eliminando l’obbligo di recarsi nella sede di prima scelta. È un servizio oneroso predisporre tutto quello che è necessario per il corretto svolgimento delle prove, soprattutto da parte delle sedi dove non si sono mai svolti i test e che mettono a disposizione i loro spazi in modo gratuito e generoso.
Gli studenti non hanno gradito, anche se l’operazione comporterà in alcuni casi un risparmio su altri fronti, visto che non saranno più obbligati a spostarsi in un’altra città per sostenere la prova. In un post sui social l’Unione degli Universitari (Udu), non solo denuncia il fatto che siano gli studenti “a dover pagare” la diversa organizzazione degli esami a causa della pandemia di Covid. “È insopportabile che ancora una volta siano gli studenti a dover pagare – scrivono gli studenti -. A maggior ragione nella situazione di crisi economica in cui si trovano tantissime famiglie italiane, a causa del Covid19″. La battaglia del sindacato studentesco della Cgil è nota: “I test d’ingresso come medicina vanno eliminati. Sono trumenti inefficaci che limitano il diritto allo studio”. E si appellano direttamente al Governo Conte: “Chiediamo di riportare il costo del test ai suoi valori originari e di reperire i fondi necessari all’adeguamento strutturale da altre fonti che non siano soltanto le tasche degli studenti e delle famiglie!”.