Il disperato appello delle pazienti
Chiude la Breast Unit, il centro regionale di Senologia e di Chirurgia Oncoplastica della mammella presso l’Ospedale Cervello di Palermo, per far spazio ad altri posti letto destinati ai malati covid.
Preoccupazione, incertezza e sconforto sono i sentimenti che si respirano in reparto stamattina. Domenica Trapani, presidente dell’associazione di volontariato Breast Club Palermo, fa un accorato appello alle istituzioni.
dice la Trapani. “Ci rivolgiamo alle istituzioni affinché in questo periodo di Pandemia non vengano dimenticati gli altri malati. Soprattutto quelli oncologici, che ogni giorno combattono una difficile battaglia e che adesso più che mai si sentono soli e abbandonati.”
Oggi, infatti, presso il padiglione A dell’Ospedale Cervello di Palermo sono iniziati i lavori per la realizzazione di ulteriori 10 posti letto di Terapia Intensiva (Uti) al quinto piano. Altri 40 posti di terapia intensiva respiratoria (Utir) arriveranno al sesto piano dello stesso padiglione.
Ed è proprio al sesto piano che ha sede il centro di senologia e chirurgia oncoplastica alla mammella.
Ci chiediamo, quindi, che fine farà la Breast Unit?
Che fine farà l’assistenza, la diagnosi e le cure alle donne affette da carcinoma mammario? Durante tutte le fasi dell’emergenza Covid-19 il reparto, presso cui ha sede l’Associazione di Volontariato, pur adeguandosi ai provvedimenti restrittivi dettati dal governo per il contenimento dell’emergenza Covid-19, ha continuato a fornire alle pazienti affette da cancro della mammella tutta l’assistenza sanitaria necessaria per cercare di guarire da una malattia che se lasciata alla sua storia naturale porta inevitabilmente alla morte.
Che fine farà il percorso virtuoso della Breast Unit?
“Ogni giorno raccogliamo, telefonate angoscianti da parte delle pazienti in attesa di un intervento che non arriva, di follow-up che vengono rinviati, di medicazioni postoperatorie che non possono più essere garantite, di mammografie bloccate, di microbiopsie rimaste sospese. Il disagio emotivo e il distress nella gestione di quello che è il proprio percorso terapeutico è stato ulteriormente aggravato dallo smistamento del reparto in due presidi differenti Cervello e Villa Sofia.
Alle pazienti non è più offerto l’opportunità di poter svolgere tutte le indagini cliniche-diagnostiche in un’unica struttura ma si ritrovano ad essere inviate da un reparto all’altro per eseguire tutti gli esami, medicazioni e cure necessarie per il proprio percorso clinico-terapeutico. Esponendole cosi ad un rischio maggiore di poter contrarre l’infezione Covid-19”.
L’appello alle Istituzioni
Noi di Younipa e io in particolare, che in quella Breast Unit sono stata operata e ho avuto salvata la vita, ci uniamo all’appello dell’Associazione e delle pazienti oncologiche del reparto. Ci rivolgiamo all’Assessore Razza per chiedergli: quale tutela verrà garantita alle pazienti oncologiche?
Oggi le pazienti della Breast-Unit, oltre alle forti ripercussioni psicologiche legate alla pandemia Covid-19, come la paura di contrarre il virus e di poter avere un rischio maggiore di sviluppare complicanze di un eventuale contagio, rischiano che la propria paura di non ricevere più le cure oncologiche necessarie si realizzi. Non è chiaro ancora dove andremo, dove ci trasferiremo.
Ciò genera un forte dispiacere nel vedere vanificati quelli che sono stati, per anni, gli obiettivi, le cure e l’assistenza garantita e fornita secondo standard di qualità, eccellenza e sicurezza per la salute delle donne che afferiscono presso la Breast-Unit del Cervello. Come possiamo spiegare oggi che il loro diritto alla salute non può essere più garantito e tutelato?
La pandemia non può far diventare i malati non covid pazienti di serie B. La gente muore a causa dei tumori. E la mortalità per patologie oncologiche aumenta sempre più. Siamo perdendo la bussola, la direzione, il senno. Vogliamo risposte concrete e tempestive. Non possiamo essere noi a pagare con la nostra stessa vita una emergenza che oggi non lo è più. A marzo eravamo tutti impreparati. Ma adesso? Cosa si è fatto in questi lunghi 8 mesi per prepararsi ad una seconda ondata, da sempre preannunciata? Noi non ci stiamo. E faremo sentire il nostro grido di protesta.