Novantasette giorni fa
97 giorni. Sono passati 97 giorni dal sequestro in terra libica di 18 pescatori di Mazara del Vallo. 97 giorni in cui i familiari non hanno avuto quasi alcuna comunicazione. Tutto inizia il 1 settembre, quando in un normale periodo di pesca, il papà di Ilaria Trinca e altri 17 pescatori vengono sequestrati dalla Guardia Costiera libica, guidata dal generale Haftar. La colpa è di aver pescato in territorio straniero. Capita molto spesso a chi vive di pesca di inciampare in questi inconvenienti, soprattutto in una cittadina come Mazara Del Vallo, ma dopo qualche giorni la faccenda si rimedia. Qua no. Gli appelli in questi mesi sono stati davvero tanti: manifestazioni, sit-in, interviste pubbliche. L’ultima manifestazione si è svolta sabato 5 dicembre, in simultanea su 4 piazze siciliane: Mazara del Vallo, Trapani, Palermo e Catania. La cittadinanza attiva sta dimostrando sostegno ai familiari, le istituzioni, invece, stanno usando un metodo più cauto.
E le istituzioni che fanno?
“Riportare a casa i 18 marittimi di Mazara del Vallo sequestrati in Libia è una priorità assoluta per tutto il governo, nelle sue varie articolazioni e sotto il coordinamento di Palazzo Chigi”, così ha dichiarato il Ministro degli Esteri Luigi di Maio qualche settimana fa. Il capo dei 5 stelle sostiene che sia utile adoperare un dialogo calmo per non inciampare in errori fatali. In Sicilia, Il Presidente della Regione Nello Musumeci ha dato (anche se ancora non sono arrivati) 150.000 euro alle 18 famiglie colpite. Un gesto nobile, ma che non potrà mai equiparare l’affetto familiare. Le indiscrezioni giornalistiche sul baratto sono tante.
L’intervista a Ilaria Trinca
C’è chi sostiene che il governo libico voglia alcuni calciatori, arrestati perché ritenuti scafisti della tragica strage di Ferragosto 2015, come baratto per la liberazione dei marittimi mazaresi. “Anche se restano tutte indiscrezioni”, ci dice Ilaria Trinca, figlia di uno dei pescatori attualmente arrestati in terra Libica. Ogni parola che dice in questa intervista è seguita quasi sempre da una voce quasi rotta e spezzata, che cela tristezza, ansia, paura, terrore.
Sabato ci sono state delle proteste lei ne ha preso parte?
Sabato sono stata lì, solo per un ora perché dovevo studiare. Le proteste possono smuovere qualcosa o almeno possono cercare di non far dimenticare la vicenda. Di concreto però non cambiano niente, se non agiscono le istituzioni.
Cosa studi?
Frequento l’Università di Novara e studio Farmacia
Riesci a concentrarti? e ai tuoi colleghi e professori lo hai raccontato?
La concentrazione viene a giorni alterni. Lo studio ormai è il mio unico svago. Certe volte studio per dimenticare, ma non riesco sempre perché penso a mio padre, lì in Libia. I colleghi universitari lo sanno e mi stanno sostenendo, ai professori non l’ho raccontato.
Da quanto non senti tuo padre?
L’11 novembre alle ore 22 per caso, senza che nessuno se lo aspettasse, è arrivata la chiamata dal carcere libico. Loro ci hanno detto che sono sani e salvi, ma vogliono ritornare a casa. Nessuno si aspettava quella telefonata. Di certo, comunque, erano sorvegliati.
È arrivata solo una chiamata?
Sì, noi ogni giorno chiediamo di avere foto o video. Per vederli in faccia e capire come stanno realmente. Io ho sentito la voce di mio padre e non stava affatto bene.
Secondo te come stanno agendo le istituzioni?
Le istituzioni si fanno sentire poco. Di Maio vuole essere cauto e agisce in maniera limitata. Siamo tutti in stretto contatto con La Farnesina. Ci dicono sempre la stessa cosa, “I canali sono aperti, ma non c’è riscontro”. Ormai la so quasi a memoria questa frase. Musumeci ha detto di aver dato 150.000 euro, ma non sono arrivati. E non sono di certo il problema primario
ti dà fastidio che certa parte politica utilizzi la vicenda di tuo padre per acchiappare voti?
Sì, perché a me della strumentalizzazione politica non frega nulla. Io rivoglio mio padre. Io non voglio remare contro il Governo, noi vogliamo sostegno. Credo che Conte e Di Maio qualcosa la possano fare
Mi racconti il lavoro di tuo padre?
Mio padre vive di pesca. Io non lo vedo dal 19 agosto. Quel giorno è partito per pescare. La vita di chi vive di mare è tosta, pericolosa e traditrice. Mio padre sta pagando solo per il suo lavoro.
Ti sento dalla voce distrutta. Stai perdendo le speranze?
Sì, le sto perdendo ogni giorno che passa. Le risposte non arrivano mai. Una sola chiamata in 97 giorni mi sembra poco
Vuoi fare un appello al Governo?
Dalla voce si sentiva che Ilaria in questi mesi ha pianto tanto, troppo. Da interlocutore fa male sentire una ragazza di soli 25 anni in questo stato. Ilaria e tutti meritano giustizia e rispetto. Facciamo ritornare i 18 pescatori dalla Libia.