Gli studenti universitari protestano studiando. E’ questo ciò che sta accadendo davanti l’Università di Napoli Orientale, uno dei tre atenei della città partenopea. Gli alunni si definiscono “stanchi, esasperati ed abbandonati“. La Campania è stata una delle regioni, che a causa dell’alto numero dei contagi, ha dovuto assumere le restrizioni più rigide.
Così migliaia di studenti non sono più rientrati in aula. Ma per loro è tempo di dare risposte e trovare soluzioni per un ritorno graduale o anche misto, che a Napoli è avvenuto con molta difficoltà.
“Siamo in presidio con un’aula studio all’aperto fuori la sede di palazzo Giusso, per protestare contro il rettore e l’amministrazione che da mesi promettono riaperture di aule studio e biblioteche in sicurezza, insieme al ripristino dei servizi di segreteria in presenza, senza realizzare niente di concreto“. In questo modo gli studenti documentano la loro protesta.
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La protesta degli universitari abbandonati
Da poco gli universitari napoletani hanno aperto un’aula all’esterno per non togliere a loro stessi il diritto allo studio. Gli universitari sottolineano su Facebook che “dal giorno in cui l’Orientale ha chiuso a causa dell’emergenza sanitaria è passato più di un anno: un anno fatto di didattica a distanza, di carriere universitarie spezzate, di vite di studentesse e studenti costrette tra quattro mura non sempre adatte a garantir loro la tranquillità e gli strumenti necessari per studiare e proseguire i propri percorsi accademici”.
E infine aggiungono: “L’ultimo tentativo di rompere il muro di silenzio istituzionale che l’Ateneo ci ha posto di fronte, realizzato con l’occupazione dell’atrio di Palazzo Du Mesnil e l’impegno preso dal Rettore di attivarsi per trovare una soluzione entro l’inizio del secondo semestre, è stato spezzato dalla zona rossa che ha interessato la Campania per più di un mese. Adesso il secondo semestre è iniziato. Una nuova zona arancione è alle porte ma il silenzio continua, e tutti gli impegni presi restano inadempiuti. Mentre altri atenei d’Italia e della nostra città cercano, e spesso trovano, soluzioni per avviare il rientro in sicurezza, non possiamo accettare che il silenzio prosegua quando in ballo ci sono i nostri percorsi di studio e le nostre vite“.