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Violentata in Sicilia, il padre sugli stupratori: “Sono bravi ragazzi, mia figlia era ubriaca”


Mia figlia era ubriaca“, così il padre della 18enne violentata a Campobello di Mazara, nel Trapanese, giustifica l’aggressione che ha portato l’arresto ieri di quattro giovani protagonisti della vicenda. Secondo il racconto, il padre avrebbe dichiarato queste parole di difesa ai carabinieri subito dopo la denuncia della figlia, avvenuta tra il 6 e il 7 febbraio, notte in cui è avvenuta l’aggressione.

Infatti tra la notte del 6 e del 7 febbraio la giovane 18enne, accompagnata dal fratello, si è presentata dai carabinieri per denunciare i fatti. Secondo quanto ricostruito, il gruppo avrebbe attirato la giovane con l’inganno, invitandola a una festa in una villa a Tre Fontane, località limitrofa al mare. Lei si è fidata e li ha seguiti.

Una volta arrivati nell’abitazione all’interno della quale si sarebbe dovuta svolgere la festa, la giovane si accorge che in realtà era lei l’unica invitata. Decide comunque di restare, fidandosi dei ragazzi che continuavano a ripeterle che le altre ragazze sarebbero arrivate. Il gruppo inizia a bere alcolici e ad ascoltare musica. Dopo un po’, i giovani confessano alla vittima che in realtà le altre ragazze non sarebbero mai venute.


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Il padre difende gli stupratori: “Mia figlia era ubriaca”

Secondo quanto riportato da Repubblica il padre della 18enne avrebbe anche dichiarato che i quattro arrestati, di età compresa tra i 20 e i 24 anni, siano dei bravi ragazzi. “Mia figlia vi ha raccontato dei fatti non veri. Era sotto l’effetto di sostanza alcoliche. E quindi non era in grado di capire quanto accaduto“, racconta sempre l’uomo alle forze dell’ordine.

Le indagini del giudice preliminare hanno confermato la misura di custodia cautelare per i quattro, così come richiesto dalla procura di Marsala (un quinto ragazzo, minorenne, è indagato a piede libero), questi non avrebbero agito da “bravi ragazzi”.


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A proposito dell'autore

Mi chiamo Morana Alessandro, classe 2000, palermitano. “non aver paura di sbagliare un calcio di rigore. Non è mica da questi particolari che si giudica un giocatore”