Il 24 novembre 1991, a Londra, moriva Freddie Mercury, l’indimenticabile voce dei Queen. Stroncato dall’AIDS a soli 45 anni, quando la positività all’HIV era ancora una condanna che non lasciava scampo.
La storia del rock è piena di personaggi consegnati al mito e all’eternità da una fine tragica e prematura. Ma per Freddie è stato sempre così: leggenda in vita e dopo la morte, considerata semplicemente una tappa di passaggio. D’altronde, The Show Must Go On. E lo spettacolo è continuato davvero.
Freddy Mercury: la storia del mito
Freddie Mercury si chiamava in realtà Farrock Bulsara. Nato a Zanzibar, aveva ascendenze parsi e indiane. Con la sua band, insieme a Brian May, John Deacon e Roger Taylor, aveva trovato la perfetta sintesi della sua personalità di rocker innamorato della lirica e dei grandi miti del rock: da Jimi Hendrix ad Elvis. Uomo di grande ingegno e curiosità musicale, amava mescolare più generi grazie alle sue geniali intuizioni. Esempio tra tutti, il capolavoro di Bohemian Rapsody. Vero ed unico performer dotato anche di grande teatralità. Ma è stato anche un uomo tormentato e insicuro, sopraffatto dalle sue fragilità.
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La malattia e la morte
Nella sua carriera non si è risparmiato nulla, continuamente alla ricerca di nuove esperienze da vivere. Lo ha fatto fino alla fine, quando il suo corpo a malapena lo sorreggeva ma la voce era rimasta miracolosamente intatta. Poi ha deciso lui quando era arrivato il momento di congedarsi, per attendere l’epilogo della storia nella sua casa, circondato dai suoi amati gatti e da pochi altri. Questa foto è stata scattata nella sua Logan Place, residenza londinese, pochi mesi prima della sua morte.
Il 24 novembre del 1991 si spegneva la leggenda della musica. Un fulmine a ciel sereno per molti, una notizia attesa da chi aveva seguito più da vicino l’evolvere della sua malattia, confermata ufficialmente solo alla fine. Ma da quel momento Freddie Mercury è stato consacrato al mito, capace di diventare immortale. “Who Wants To Live Forever?”