Penso che la storia del presepe non è finita. Dopo duemila anni i piccoli devono ancora essere lasciati sulla barca e restare in una nave per giorni in attesa. Ecco, credo che se Gesù fosse nato oggi probabilmente sarebbe un piccolo migrante arrivato su una carretta del mare in cerca di un porto…”. Lo ha detto, in un’intervista a Repubblica, il cardinale Francesco Montenegro, per anni arcivescovo di Agrigento, parlando dei viaggi della speranza verso Lampedusa.
“Sa cosa è per me un presepe? – si interroga Montenegro – è Gesù che ogni anno ritorna bambino e ci dice che possiamo ricominciare dal bene. È un gioco per i più piccoli ma è lo specchio degli adulti: oggi quel neonato ci chiede di trovargli un posto dove stare, di accoglierlo. Questa dell’immigrazione è una storia che il Signore ha affidato a noi perché si concluda dopo duemila anni. Il presepe ci dice: “Me la trovi tu una sistemazione? Perché mia madre e mio padre, Maria e Giuseppe, devono gettare il mio corpicino in mare?”.
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Chi arriva oggi in Sicilia dalle coste africane? “Tante persone diverse: poveretti ma anche menti che noi non sappiamo mettere a frutto. Perché diciamo integrazione ma in realtà intendiamo tolleranza: stai buono e fai il bravo. Integrazione è trovare le cose in comune e camminare insieme. E invece scappiamo”.
E sul tragico crollo di Ravanusa ha aggiunto: “Mi sono addolorato moltissimo. Ho mandato un messaggio al vescovo e al sindaco. Ho sentito ancora più chiaramente che quella è la mia famiglia. Anche se sono nato a Messina, Agrigento è casa”. L’esplosione ha acceso i riflettori sulla fragilità dell’Isola. Non ci si prende cura della Sicilia? “Siamo senza strade ed è significativo: non puoi arrivare ovunque e se ci arrivi lo fai con tempi lunghissimi. E questa lentezza è ormai radicata anche nelle persone…”.