Sono passate solo poche ore dalla notizia, lanciata da Repubblica, degli aumenti di stipendio di alcuni funzionari Unipa (tra cui il rettore), ma gli studenti sono già sull’ascia di guerra. In particolare un universitario che frequenta la magistrale a Unipa.
Lo studente in questione ci ha chiesto di rimanere anonimo, “perché l’importante è il messaggio, che pensiamo in tantissimi“. Vi invitiamo per qualsiasi notizia o riflessione importante di contattarci. Saremo il vostro foglio bianco in cui scrivere.
“Sono uno studente Unipa e frequento un corso di laurea magistrale. Se fosse stato per me, sarei scappato il primo giorno che ho calpestato il suolo di Viale delle Scienze. Ma non ho mai avuto tutte queste possibilità economiche.
Nella mia carriera universitaria ho visto sia il rettorato di Micari che quello del recente Midiri. E sinceramente non vedo alcuna differenza tra loro due. L’obiettivo è sempre lo stesso: meno risorse per gli studenti e più per i piani alti. La potremmo chiamare l’oligarchia universitaria.
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Studente scrive contro Unipa e Midiri: “Per noi i fondi non ci sono mai”
Quando ho letto sul vostro sito dell’aumento vertiginoso dello stipendio di Midiri e dei suoi soci mi è salita una rabbia tremenda. Ho visto passare nella mia menta tutte scene terribili e sfortunatamente quotidiane: quando vai in bagno e non trovi nemmeno la carta igenica (con tutte le tasse che paghiamo), quando vedo colleghi, che non se lo posso permettere, comprare il libro di 100 euro scritto dal professore che ti insegna la materia e quindi lo devi prendere per forza comprare.
Ma anche quando vedo i ricercatori Unipa guadagnare una miseria di stipendio per sopravvivere. Così come tante altre scene che provocano solo amarezza, per una struttura a pezzi e con poche risorse per noi studenti.
Sono felice che i miei colleghi consiglieri in rappresentanza degli studenti non abbiano comunque aderito a questo aumento, che poi si è verificato. Mi fa capire che certe volte noi ragazzi siamo più maturi rispetto a certi adulti, che pensano prima a se stessi e dopo alla collettività che dovrebbero rappresentare“.