Maurizio Schillaci, cugino del più celebre Totò, è un ex calciatore. Avrebbe potuto sfondare nel mondo del calcio, ma un problema fisico e l’uso di droghe lo hanno ridotto alla vita in strada. La sua storia è raccontata nel documentario “Fuorigioco” del regista Davide Vigore.
La storia di Maurizio Schillaci
Chi è di Palermo, non può non conoscere Maurizio. Con i suoi capelli arruffati ed il suo cane Johnny, sta sempre di fronte il Teatro Massimo, a chiedere l’elemosina ai passanti. Tutti lo conoscono ma non sanno che Maurizio era un calciatore, e anche di talento, al pari del ben più famoso cugino, Totò Schillaci. Dopo l’esordio con la maglia rosanero nemmeno maggiorenne, Maurizio ha primo giocato in C1 con il Licata di Zeman per poi approdare in serie A con la Lazio. Un promettente futuro, ma poi un problema fisico lo ha costretto al ritiro a soli 31 anni. Da lì, l’abisso.
“Dicevo che stavo male ma nessuno mi credeva”
“I medici mi hanno rovinato – racconta Maurizio – Secondo loro ero un malato immaginario, un siciliano senza carattere. Dicevano che non avevo voglia di giocare, la realtà è che avevo lo scafoide del piede destro lesionato e in necrosi. Per un anno ho continuato a dire che stavo male, ma nessuno mi credeva. Alla fine per farmi fare finalmente una stratigrafia ho dovuto attendere il mio successivo trasferimento al Messina, in Serie B”.
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Le droghe e la vita in strada
“Finché giochi tutti ti amano, ma quando smetti ti ritrovi da solo. È il vuoto. E ringrazio Gesù per essere ancora qui a raccontarlo”. Maurizio, sentendosi emarginato ed incompreso, ha trovato rifugio nell’eroina. Da lì ha cominciato sempre più ad abissarsi. Allontanato anche dalla famiglia, ha iniziato a vivere per strada insieme al suo cane, chiedendo l’elemosina per le vie del centro di Palermo. Dopo aver dormito per anni in una Panda trovata a bordo strada, adesso ha trovato riparo in un piccolo appartamento concessogli da un amico in cambio di un affitto simbolico.
“Il calcio mi ha dato tanto ma mi ha tolto di più”
Maurizio cerca di trovare lavoro, ma non è affatto semplice: “Ho 60 anni e ho giocato solo a pallone, chi mai mi assumerebbe?”. Conclude: “Il calcio mi ha dato tanto ma mi ha tolto ancora di più. Per questo ora non lo guardo, me ne sono distaccato radicalmente”.