La conversazione risale al 2003, negli ultimi anni di latitanza di Bernardo Provenzano. Alcuni dei suoi uomini avrebbero ripetuto più volte la necessità di “Fare una doccia” ad un medico, senza mai farne il nome.
Attilio Manca: una morte sospetta
Attilio Manca, urologo di 34 anni, venne trovato morto nella sua casa di Viterbo il 12 febbraio del 2004. L’autopsia certificò la presenza nel sangue di eroina e alcol etilico. Inizialmente, si ritenne che la morte fu causata da un’overdose, poi il caso venne archiviato come suicidio. Ma i genitori si opposero sempre all’archiviazione, sostenendo che il figlio fosse stato ucciso da Cosa Nostra per un intervento subito da Bernardo Provenzano a Marsiglia.
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A sostegno della loro tesi, alcune evidenti circostanze. Nel polso sinistro della vittima furono trovati due fori di siringa, ma Manca era mancino, dunque se si fosse praticato le iniezioni lo avrebbe fatto sul destro. Inoltre, sulle siringhe ritrovate non fu rinvenuta alcuna sua impronta. Il caso non è mai stato risolto, ma adesso, dopo 18 anni, un’intercettazione potrebbe cambiare tutto.
L’intercettazione che riapre il caso
AntimafiaDuemila rivela che, nell’autunno 2003, un’intercettazione ambientale tra i fedelissimi di Provenzano confermerebbe la versione dei genitori del medico. “Gli va fatta una doccia”: una condanna senza mai però pronunciare il nome del condannato. Secondo sempre l’intercettazione, gli uomini di Cosa Nostra spiegherebbero questa necessità perché Provenzano, che soffriva di un tumore alla prostata per il quale attendeva un intervento in Costa Azzurra, avrebbe ricevuto un rifiuto da un medico a cui i suoi si erano rivolti per le cure necessarie. Un comportamento imperdonabile che, seconda la cultura mafiosa, non poteva che avere un’unica conseguenza.
Adesso, la famiglia Manca, sostenuta dai propri legali, è pronta a riprendere la battaglia che pensava fosse ormai persa, sperando di poter finalmente rendere giustizia al figlio.