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“La nuova riforma dell’Università ucciderà la ricerca”: ecco perché i ricercatori italiani hanno paura


Molri ricercatori italiani hanno timore delle nuove riforme previste per l’Università. Tra le massime esponenti c’è l’immunologa Antonella Viola che ritiene che la riforma dell’Università in approvazione in questi giorni rischia di affossare in maniera irreparabile la ricerca scientifica pubblica nel nostro Paese.

L’immunologa, invitata spesso dai media per chiare i concetti sul Covid, ha raccontato questa emergenza su La Stampa. Secondo la sua analisi, i rischi della riforma sono maggiori dei benefici e tra i più colpiti ci saranno i giovani.

Al momento, i ricercatori che partecipano ai progetti usufruiscono di assegni dal costo di circa 24 euro annui, ma con la nuova riforma si arriverà a contratti di ricerca da 52 mila euro all’anno. Un aumento che però prevede di lasciare invariati i finanziamenti alla ricerca, già bassi e vittime di continui tagli, nonché gli stipendi dei ricercatori.


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Secondo il pensiero di Viola, a finire nel mirino di questa riforma sono anche i piccoli gruppi. Infatti queste piccole unità, se non riusciranno ad accedere a finanziamenti più cospicui, saranno cancellate.

“Ridurre il numero di ricercatori e progetti di ricerca non è mai un bene – puntualizza Viola – perché riduce il livello di competenze e conoscenze di cui poi tutti beneficiamo”. Ad aver paura sono anche i grandi gruppi di ricerca. La riforma, infatti, prevede che potranno essere reclutati giovani ricercatori solo per una spesa complessiva non superiore a quella utilizzata nell’ultimo triennio.

“Questo significa che, a parità di spesa e con il doppio dei costi, ogni Università potrà reclutare la metà dei ricercatori. Per assurdo, i vincitori dei bandi europei – conclude l’immunologa – potrebbero trovarsi nell’impossibilità di offrire posizioni, nonostante la disponibilità economica”.

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