Gli archeologi ritrovano una bottiglia di vino del IV secolo, ma appena la aprono rimangono stupiti da ciò che conteneva.
Circa cinque anni fa, nella città storica di Carmona, situata in Andalusia, gli archeologi hanno riportato alla luce un reperto che ha immediatamente suscitato l’interesse della comunità scientifica. Si trattava di un’antica urna di vetro, risalente a oltre due millenni fa, utilizzata durante un rito funebre romano. La scoperta ha rivelato la sua eccezionalità solo di recente, quando l’analisi del contenuto ha svelato qualcosa di unico: una bottiglia di vino, probabilmente la più antica mai rinvenuta, accompagnata dai resti cremati di un uomo.
Questo ritrovamento, databile al IV secolo d.C., rappresenta non solo un prezioso pezzo storico, ma getta luce su antichi rituali romani, dove alimenti, bevande e oggetti preziosi avevano un ruolo simbolico nel culto dei defunti. All’inizio di quest’anno, le indagini chimiche hanno verificato la presenza di liquido all’interno dell’urna, identificato come vino, sorprendentemente ben conservato nonostante l’azione del tempo e delle condizioni ambientali. È stato questo a lasciare sbigottito Juan Manuel Román, archeologo comunale di Carmona, insieme al suo team. Román ha dichiarato come lui e i suoi colleghi siano rimasti senza parole nel comprendere che il vino fosse ancora presente allo stato liquido.
La scoperta: una bottiglia di vino risalente al IV secolo d.C.
Questa scoperta apre una finestra sulle abitudini sociali dei Romani, facendo emergere dettagli importanti riguardo alla divisione di genere nella sfera della morte. I resti cremati dell’uomo trovati nell’urna accanto al vino si inseriscono infatti nelle rigide convenzioni dell’epoca, che proibivano alle donne di consumare vino, considerato un privilegio maschile. Gli studiosi ritengono che la presenza del vino in questa sepoltura non sia casuale: vi era la convinzione che gli oggetti accompagnassero il defunto nel suo cammino verso l’aldilà, e il vino era strettamente associato ai riti dedicati agli uomini.
Accanto all’urna con il vino e le ossa dell’uomo, è stata trovata un’altra urna contenente i resti di una donna, corredata di gioielli in ambra e una bottiglietta di profumo al patchouli. A differenza dell’uomo, il corredo funebre femminile non comprendeva vino, ma oggetti simbolici associati alla sfera femminile. Questo elemento rispecchia le credenze romane riguardanti il ruolo dei defunti e le loro necessità per il viaggio verso l’aldilà.
Il dettaglio interessante
Un dettaglio interessante che emerge da questo ritrovamento è l’importanza attribuita dai Romani alle pratiche funebri. Essi credevano che eseguire un rito corretto fosse essenziale per garantire la tranquillità nell’aldilà e per evitare che l’anima vagasse come spirito inquieto. Ogni passaggio del rito, dalla processione fino alla sepoltura e alla commemorazione, era considerato significativo. Questa scoperta non solo aggiunge preziose informazioni sui rituali dell’antica Roma, ma pone nuovi interrogativi sulla concezione della vita e della morte in quel periodo storico.