Oggi ricorre un compleanno che non avremmo mai voluto festeggiare. Il Coronavirus vine definita la seconda pandemia del secolo e, proprio oggi “compie” un anno. Il 1 dicembre 2019, a Wuhan, veniva ricoverato il primo paziente infetto da Covid-19, ai tempi classificata come una “misteriosa polmonite”. Il tempo, da allora, si è dilatato, ristretto e nuovamente dilatato.
Ma andiamo con ordine…
Come dicevamo, il 1° dicembre 2019 a Wuhan, una metropoli da 11 milioni di abitanti, capoluogo della provincia di Hubei, viene ricoverato il primo paziente a presentare i sintomi del Coronavirus. Questa data è stata individuata il 24 gennaio 2020, in uno studio retrospettivo pubblicato dalla rivista The Lancet. A fine mese, il 31 dicembre del 2019, le autorità cinesi informarono L’OMS dei casi di simil “polmonite”, la cui reale causa però restava sconosciuta. Il virus non era stato identificato, non corrispondeva ai virus noti. Inizia così l’indagine. In molti abbiamo letto dell’epicentro da cui si è poi diffuso il virus, il famoso mercato del pesce di Huanan, in provincia di Heilogjiang che il primo gennaio viene chiuso.
Una data parecchio discussa è quella del 7 gennaio, giorno in cui dalle autorità cinesi viene identificato un nuovo virus. Il Coronavirus, per l’esattezza, o Covid-19, acronimo dall’inglese COronaVIrus Disease 19, che ormai sappiamo essere una malattia infettiva respiratoria, causata dal virus denominato SARS-CoV-2, che appartiene alla famiglia dei coronavirus, per l’esattezza la famiglia Coronaviridae. Il nome deriva dal termine latino “corona”, che a sua volta deriva dal greco κορώνη, che significa “ghirlanda” o “corona” o “aureola”.
Torniamo al 7 gennaio, data famosa non solo per l’identificazione del nuovo virus ma anche perché, lo stesso giorno, pare che il presidente Xi Jinping, venuto a conoscenza del virus, abbia dato istruzioni sulle misure da adottare, ma il suo primo intervento ufficiale non avverrà fino al 20 gennaio 2020. 13 giorni, per i quali molti si sono chiesti il perché del silenzio.
La prima vittima…ma ancora non è Pandemia
La prima vittima risale all’11 gennaio: un uomo di 61 anni. In tutta la Cina ci sono “solo” una quarantina di contagi. Il 13 gennaio muore una donna cinese in Thailandia, prima vittima fuori dalla Cina, la donna era da poco tornata da Wuhan.
Vi suona qualche campanello? Io ricordo queste notizie come lontane, le leggevo online o le sentivo al telegiornale, ma ammetto di non aver mai registrato questi dati come “preoccupanti”.
Continuiamo…
L’OMS, il 23 gennaio, decide di non dichiarare un’emergenza di salute pubblica internazionale, perché lo riteneva “troppo presto”.
I morti sono “solo” 17.
Ma la notizia è ormai di dominio pubblico e in molti aeroporti iniziano i controlli per gli aerei in partenza o in arrivo dalla Cina, inizia una sciocca diffidenza, che io ricordo perfettamente, nei confronti anche di ragazzi e famiglie di origine asiatica in Italia, ma ancora i dati erano “lontani” da noi. Iniziano i primi casi anche in Europa, il 24 gennaio, precisamente in Francia, tre persone sono infette. Wuhan viene messa in isolamento, nessuno può uscire o entrare nella metropoli. Alla fine di gennaio, i morti sono più di 100.
Il 30 gennaio l’Oms dichiara l’emergenza sanitaria globale, e proprio quel giorno vengono scoperti i primi due casi di Covid-19 in Italia, due turisti.
Nel mese di febbraio iniziano i primi focolai. Il premier Conte incontra la Protezione Civile e i Ministri, e nella sera tra il 22 e il 23 febbraio 2020 viene varato un decreto, atto a contrastare la trasmissione del Coronavirus.
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Eppure, continua ad avanzare…
Il 4 marzo chiudono le scuole. Viene stabilita la distanza di sicurezza, che ormai ci sembra quasi normale, di almeno un metro. Vengono sconsigliate strette di mano e abbracci.
Ma è la sera del 9 marzo che ricordo (ricordiamo) perfettamente. L’Italia diventa zona rossa.
Da lì, la vita in quarantena: “concerti” in balcone, primi approcci con la didattica a distanza – che ancora oggi è ai suoi primissimi passi -, striscioni con grandi arcobaleni con su scritto “andrà tutto bene”, un forte sentimento di fratellanza e unione, videochiamate con amici e parenti, ma anche ambulanze che corrono per le strade, primi ricoveri, notizie di persone con febbre alta a cui non veniva effettuato il tampone a meno che non avessero problemi respiratori.
Superiamo una prima china. A fatica, ma la superiamo.
Il 3 giugno, il governo decide di riaprire le frontiere. I contagi ci sono sembrati stabili, il tempo di goderci qualche bagno al mare, gli aperitivi all’aria aperta, “tanto all’aperto è meno pericoloso”.
L’estate scorre tra alti e bassi, come non ricordare il focolaio in Sardegna che fece tanto discutere, al Billionaire.
Arriva settembre. Il 14 vengono riaperte le scuole, e con i libri arrivano nuove regole per bambini, ragazzi e giovani adulti. Nel frattempo, in Europa i contagi peggiorano.
Da qui al 13 ottobre è stato un soffio. Un nuovo Dpcm decreta l’obbligo della mascherina anche all’aperto, vengono vietate le feste (sia al chiuso che all’aperto).
Il 3 novembre, l’Italia si colora. Zone gialle, arancioni e rosse, il coprifuoco nazionale scatta dalle 22 alle 5, e scatta anche la polemica sui social delle persone “bloccate in zona rossa”, o arancione, ma anche delle persone in zona gialla che sostengono che tutta l’Italia dovrebbe tornare egualmente rossa.
Purtroppo, è difficile non notare come l’assoluzione di molte regioni, tornate gialle, e dei permessi speciali, avvengano in concomitanza dell’arrivo delle feste, proprio come il 3 giugno, in vista delle vacanze, si riaprivano i confini.
Un anno fa il mondo aveva una sola persona affetta da Coronavirus. Solo ieri, 30 novembre 2020, i casi in più erano 16.377 (per un totale 1.601.554).