Il lockdown, intervallato dai continui cambi-colore delle regioni, continua a metterci a dura prova, facendoci sentire sempre più impotenti. Il “burnout pandemico” è quel mix di angoscia, sconforto e frustrazione che, nell’esperienza della pandemia da Covid-19, possiamo provare restando a casa.
“Non riesci a pensare chiaramente? Non riesci a dormire? Hai il cervello annebbiato? La depressione? E anche sintomi fisici a caso? Penso che si tratti di esaurimento pandemico”, così ha scritto in suo tweet Tanzina Vega, giornalista e conduttrice del New York Public Radio. È lei la “procreatrice” del termine burnout.
Per comprenderlo appieno, bisogna innanzitutto riconoscere la differenza tra “esaurimento pandemico” ed “affaticamento pandemico”. L’affaticamento consiste, ad esempio, nell’essere stanchi di lavorare da casa in smartworking, di indossare la mascherina, di non potersi spostare da casa. Un burnout, invece, significa non riuscire a vedere la fine della pandemia e non essere in grado di “ingranare” utilizzando le proprie capacità.
Per chi ha familiarità con il termine burnout, saprà bene che questo tipo di esaurimento ha che fare con l’ambito professionale e lavorativo. Raggiungere il burnout professionale, significa che sussiste un problema di gestione dello stress sul lavoro, cosa che purtroppo accade non di rado. Necessario per superarlo, è porre dei confini.
Il burnout pandemico, o esaurimento pandemico, invece, è un po’ più ampio rispetto a quello lavorativo. Significa non sentirsi fisicamente e mentalmente al meglio, riscontrare delle difficoltà a pensare in modo chiaro, percepire e lasciarsi travolgere da una tristezza generale. Secondo la Dott.ssa Mirna Mohanraj, professoressa di medicina presso la Icahn School of Medicine at Mt. Sinai di New York, il burnout è: “Una combinazione di alcuni problemi principali: uno è l’esaurimento fisico, mentale ed emotivo. Un altro è la spersonalizzazione, che è un termine stravagante per dire che ci tieni meno al tuo lavoro. Di conseguenza, sperimenti una diminuzione del senso di realizzazione personale”.
Come capiamo di aver raggiunto l’esaurimento pandemico? Se ci sentiamo inermi, spossati e troviamo davvero difficile prenderci cura di noi stessi, allora significa che probabilmente dobbiamo guardare in faccia il nostro burnout pandemico. Annebbiamento dei pensieri, ansia e tachicardia sono alcune delle conseguenze più diffuse.
Per abbattere il muro pandemico che ci rilega in noi stessi, è importante tenere bene a mente una frase, ripeterla come se fosse un mantra. “Non sei tu, è la pandemia”. È fondamentale ricordare che quello che proviamo ora non è una condizione che riguarda soltanto noi o il nostro comportamento. È una situazione che riguarda e influenza tutti noi, nessuno escluso. Perciò, accantoniamo il senso di colpevolizzazione e facciamo quel che di buono possiamo, trovando ciò che sia meglio per noi. Tutto ciò sia utile per scrollarci di dosso il senso di impotenza e di frustrazione, senza trascurare i segnali che il nostro corpo e la nostra mente ci inviano. Manteniamoci sani e restiamo fiduciosi. DON’T PANIC: ci si vede presto dall’altra parte del muro!
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