Massimo Midiri è stato eletto nel tardo pomeriggio di ieri, con più del 73% dei voti, rettore dell’Università di Palermo. Un’avventura che per il medico, ora alla guida dell’ateneo palermitano, arriva in un momento complicato e di ripresa per il mondo universitario in generale.
Diplomato al liceo classico palermitano Meli, Massimo Midiri, ora 59 anni, approda giovanissimo al corso di Medicina e chirurgia dell’ateneo palermitano. Nell’anno 1987 arriva la laurea con i pieni voti, la lode e la menzione della tesi sperimentale: “L’indagine neuroradiologica nello studio degli aneurismi intracranici“.
Dopo di che il medico palermitano decide di specializzarsi in Radiologia, branca della medicina apprezzata dal giovane Midiri già negli anni universitari. Anche la specializzazione arriva con il massimo dei voti e la lode. Dopo una breve parentesi al Buccheri La Ferla – Fatebenefratelli di Palermo, il medico palermitano ritorna all’Università di Palermo, ateneo che non lo abbandonerà mai e viceversa.
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Massimo Midiri, una vita da medico sempre al fianco di Unipa
Da ex studente poi Midiri passa in cattedra a Palermo nel 1998, quasi 23 anni fa. In seguito trascorre sempre da sanitario qualche anno a Roma, ma ritorna subito dopo nell’ateneo palermitano, in cui continuerà ad insegnare. Nel 2008 diventa Direttore del Dipartimento Diagnostica per Immagini del Policlinico Universitario di Palermo.
Nel palmarès di Massimo Midiri sono presenti 389 pubblicazioni scientifiche e 200 interventi e convegni. Da adesso ricoprirà il ruolo di rettore dell’Università di Palermo fino al 2027, dopo il sessennio di Fabrizio Micari. Immediatamente dopo la candidatura la parola d’ordine di Midiri è semplificazione.
In una breve intervista rilasciata all’Adnkronos, in seguita alla vittoria, ha dichiarato: “Provo una enorme emozione ma anche un grande senso di responsabilità. La prima cosa che farà appena mi insedierò è mettere le mani sui regolamenti dell’ateneo che a volte sono in contraddizione tra loro. La semplificazione sarà la parola d’ordine che daremo agli uffici. Oggi, ad esempio molti non fanno ricerca perché impauriti da lungaggini burocratiche”.