Scrivere questo articolo non è stato facile; Norman, se non ricordo male, è stato mio alunno dal 1999 al 2001 e posso dire che è stato il mio alunno “prediletto”.
Sin dai tempi del Liceo si era instaurato un rapporto che andava al di là del semplice rapporto studente – professore, diventammo amici (del resto ci levavamo circa 10 anni o poco meno) e quest’amicizia si è poi mantenuta negli anni e ampliata alla famiglia di Norman che sin da subito mi accolse come si fa con gli amici di vecchia data.
Norman è stato l’alunno che ha superato il maestro; ricordo che all’esame di stato, in cui io ero membro interno, i colleghi esterni notarono e apprezzarono il suo amore per la filosofia, tant’è che osservarono la sua naturale propensione al sapere e dunque all’iscrizione in quella facoltà in cui io stesso lo vedevo protagonista.
Norman era fatto per la ricerca, una conoscenza spaventosa, una conoscenza che in poco tempo gli aveva permesso di superare le semplici conoscenze scolastiche, una conoscenza posseduta da una grande persona, umile, umana e gentile, simpatica e cordiale, proprio una bella persona per dirla in breve.
Ogni tanto, anche dopo anni qualche volta passava a trovarmi a scuola, chiacchieravamo del più e del meno, magari mi portava qualche testo da leggere e su cui successivamente discutere, ci prendevamo un caffè e fumavamo insieme una sigaretta.
Prima della sua Laurea mi diede una copia della tesi, ricordo che “provai” a leggerla, poi lo guardai e gli dissi che quelli erano discorsi ormai troppo complicati per me; piansi di gioia alla proclamazione di “dottore in filosofia” , del resto era il mio primo ex alunno che si laureava in filosofia e per me quello era motivo di non poco orgoglio e vanto; purtroppo piansi ancora un’altra volta, anni dopo, ma questa volta al suo funerale, piansi per la disperazione di una giovane vita spezzata, piansi pensando a quella scelta, della facoltà di filosofia verso cui io stesso l’avevo indirizzato, piansi per un amico che se ne andava, piansi e mi incazzai per quel gesto così contrario ai miei principi che ancora oggi mi fa soffrire.
Interroghiamoci su ciò che è successo; il marciume presente nella nostra società non può e non deve togliere la Speranza a nessun ragazzo. L’impegno per un mondo migliore, per una società migliore, per una università migliore nasce dalla consapevolezza che atti come quello di Norman non abbiano a ripetersi.
Tra qualche giorno sarà il 15/09, anniversario dell’uccisione di Don Pino Puglisi, espressione di Speranza e di Carità, ucciso nel 1993. Don Pino amava dire che «se ognuno fa qualcosa, insieme si può fare molto».
Questa frase non deve essere assunta solo come monito contro il potere mafioso e malavitoso, ma come monito, per ognuno di noi, di impegnarsi per una società migliore, più pulita, una società dove chi veramente merita venga premiato, una società dove ognuno di noi senta forte il dovere di fare in modo giusto ciò che gli compete, una società in cui la Speranza e la possibilità di fare non venga tolta a nessuno.
Il papà di Norman: Sistema mafioso all’università
Mio figlio è morto nel 2010, ma muore anche oggi, muore ogni giorno perché lo Stato, questo Stato nel quale continuo a credere malgrado tutto e nel quale ha creduto anche Norman, troppo spesso divora i propri figli dopo averli demotivati, frustrati e mortificati. Troppi silenzi da parte delle istituzioni, troppa ipocrisia di Stato per un omicidio di Stato ogni giorno più evidente”. A parlare è Claudio Zarcone, il papà di Norman Zarcone
“Sono stanco – ha detto – di rimanere intrappolato nelle logiche imbalsamate di una politica ignava, bugiarda, votata esclusivamente alle copertine. Organizzare la manifestazione annuale in memoria di Norman mi fiacca, mi deprime, mi costa, perché – oltre a ricordare le mani di mio figlio sul pianoforte che suonano l’intro di Firth of Fifth dei Genesis – devo fare i conti con i ricordi, i rimpianti, come quello che non potrò mai vedere mio figlio giocare, suonare con i suoi nipoti. Mi manca l’odore di Norman… E poi: troppi cavilli inintelligibili, arzigogoli vari messi come vernice dello status quo, troppe promesse non mantenute, troppe parole sprecate a telecamere accese per far passerella. Sono stanchissimo, sbatto contro l’ipocrisia di incantatori di serpenti. Troppi falsi amici nelle istituzioni, troppi finti e untuosi rivoluzionari mendicano la scena, troppi impostori della libertà di pensiero riconosco fra le vestali dell’ipocrisia istituzionale. Ricorreremo pertanto alla “violenza” della musica di Norman e della memoria (vedi programma). Abbiamo scelto come esergo le parole di De André perché finché avrò vita li cercherò, li stanerò dalla loro latitanza istituzionale, come ha fatto Norman col suo urlo atroce: ‘Ma finché li cerco io i latitanti sono loro'”.
Claudio Zarcone aggiunge: “Non ho mai manifestato nessun intento strappalacrime – le lacrime, le emozioni, non sempre sono portatrici di verità – piuttosto ho agito su un registro narrativo che invita alla riflessione sul gesto di discontinuità osato con il linguaggio più atroce e lancinante da Norman: in questo caso sì che potrà definirsi un “linguaggio del corpo” in piena regola”. Il corpo di Norman che per dire, osare, parlare, denunciare, gridare con insolenza (insolenza ha come storia semantica, insolito), dopo aver parlato, ha taciuto per sempre. Ma se il suo corpo oggi tace, il messaggio espresso con struggimento è invece rimasto ad ammonirci sulle mafioserie di un sistema che purtroppo gode ancora di troppe coperture politiche, istituzionali; esso stesso espressione di un modo di pensare servile, mafioso e dalle traboccanti compiacenze nei suoi confronti da parte del controllore. Dimodoché, in questo rimando di responsabilità che vanno dal controllato al controllore, si cade nell’effetto matrioska. Il gioco delle responsabilità diviene allora, il gioco delle complicità e dell’omesso controllo nell’incastro che va dal pezzo più grande a quello più piccolo”.“
Questa testimonianza mi è piaciuta veramente tanto…mi sembrava di essere lì ad ascoltarne il racconto….mi sembrava di vedere i colori delle scene e sentire i suoni e le voci dei luoghi….e Norman continua a vivere anche grazie a questa memoria condivisa….