Un anno fa, il primo caso di SARS-CoV-2 accertato in Italia, a Codogno. Inaugurato un memoriale nel ricordo delle migliaia di vittime della pandemia. Com’eravamo e cosa è cambiato?
La data 0
21 febbraio 2020. Una data indimenticabile per tutti noi. Codogno, comune del lodigiano che fino ad allora era rimasto all’ombra della sua tranquillità, diventa il centro di diffusione di una pandemia che credevamo non ci toccasse. Le gravi condizioni di salute di Mattia Mestri, quello che si credeva esser il paziente 1, ci tengono incollati ai televisori delle nostre case, nella speranza di sentire una buona notizia. Ma più ascoltiamo, più sono soltanto le cattive notizie a rimbalzare continuamente. Ai primi morti constatati, seguono i primi smarrimenti e le prime angosce. Come si sconfigge un virus che non si conosce? Cosa fare per non contagiarsi?
L’Italia intera come Wuhan
Solo qualche settimana prima, eravamo stati impressionanti dalle immagini dei palazzi di Wuhan, con la gente che gridava dalle finestre per incoraggiarsi, per incitarsi a non mollare. Credevamo fosse impossibile immaginare un’intera nazione in lockdown, così com’era successo alla città cinese. Invece, l’Italia fu del tutto blindata per circa 3 mesi. Allora cercammo anche di darci coraggio come i cittadini di Wuhan. Abbiamo iniziato a sventolare con fierezza il tricolore ai balconi, le lenzuola con il motto “ANDRÀ TUTTO BENE”, a cantare l’inno di Mameli e le più belle canzoni italiane di sempre applaudendo a chi lottava in prima linea. Celebravamo la vita quando i lutti continuavano a non fermarsi. Indimenticabili le camionette militari che trasportavano i feretri fuori la città di Bergamo perché non c’era più posto ai cimiteri. Le anime delle vittime della pandemia affidate alla preghiera di Papa Francesco in una piovosa giornata di fine marzo, al cospetto di una piazza San Pietro completamente deserta che metteva i brividi.
Il memoriale per le vittime della pandemia
Un anno dopo l’apertura del vaso di pandora, Codogno ha voglia di rinascere. E lo fa senza voltare le spalle ad un passato che ha tristemente e per sempre segnato la sua storia, ma portandone rispetto. 12 mesi dopo l’accertamento del primo caso, sarà inaugurato un memoriale per tutte le vittime di Covid-19. Lì, dove tutto ebbe inizio. Un albero di melo cotogno (simbolo della città) e tre lapidi in acciaio in un parco fiorito, celebreranno la vita insegnandoci a non dimenticare mai questi mesi difficili e di resilienza.
Le tre lapidi d’acciaio rappresentano la città di Codogno e le sue due frazioni, Maiocca e Triulza. A progettare il memoriale, tre architetti di Codogno: Carlo Omini, Marco Guselli e Edoardo Betti.
“Abbiamo pensato ad un simbolo di ampio respiro, in grado di rimanere forte sul territorio per la nostra generazione e per le generazioni future”, così ha dichiarato Francesco Passerini, il sindaco di Codogno.
Covid, un anno dopo
Sembra tutt’ora incredibile, la trama di uno di quei film catastrofici. Invece, è successo realmente. Cosa è cambiato? Come siamo cambiati? La ricerca non si è mai fermata, cercando ininterrottamente di sviluppare un vaccino. E finalmente, è riuscita in una delle sue più grandi ed importanti imprese. Il 27 dicembre 2020 è un’altra data che non potremmo mai dimenticare, quella che ha segnato il via ufficiale alla campagna di vaccinazione contro il COVID-19 in tutta Europa. Finalmente, non dobbiamo più affrontare il “mostro” da soli. Ma la pandemia non è ancora finita, né l’inevitabile crisi che ha trascinato con sé.
Non possiamo abbassare la guardia
Non possiamo ritener di aver scampato il pericolo. I lockdown intervallati, le zone colorate della nostra Penisola, in base all’RT registrato, ne sono la piena dimostrazione. Così come anche i morti che continuano ad esserci. A preoccuparci ci sono anche le varie varianti, le maschere indossate dal Covid per poter diffondersi con più velocità. Ma adesso abbiamo anche molta più consapevolezza nei comportamenti da adottare: le mascherine, il distanziamento sociale, la limitazione degli spostamenti sono e restano fondamentali. Non dimentichiamo chi siamo stati e cosa abbiamo vissuto per riprenderci il nostro futuro libero dalla pandemia.