Esiste un protocollo per la cura domiciliare del Covid. E, stando ai risultati di uno studio delI’istituto Mario Negri, i risultati sarebbero più che soddisfacenti. Secondo Giuseppe Remuzzi e Fredy Suter, primario da 11 anni delle Malattie Infettive dell’ospedale di Bergamo, è necessario assumere Aulin o Aspirina sin dai primi sintomi del Covid ai primi giorni dal contagio. Naturalmente con il monitoraggio del proprio medico di base.
In un’intervista al Corriere della Sera, Fredy Suter spiega il suo studio: 90 pazienti curati a casa con gli antinfiammatori ai primi sintomi, ancora prima del tampone. Di questi «solo due sono stati ricoverati: è il 2,2%», spiega il medico. A seguire i pazienti c’erano i medici di base, 7 quelli coinvolti nello studio, che hanno accettato di provare questo approccio.
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“I dati di questi 90 pazienti li abbiamo confrontati con quelli di 90 pazienti dello studio genetico Origin del Mario Negri, in Valle Seriana, che non erano stati trattati curati con antinfiammatori. In questo secondo gruppo i ricoverati sono stati 13, cioè il 14,4%. Ovviamente, tra i due gruppi sono state scelte persone omogenee per età, comorbilità, genere”, spiega nell’intervista Suter. Secondo questo studio, nei primi giorni farmaci come l’Aulin e l’Aspirina possono dare una risposta antinfiammatoria che entro certi limiti è protettiva. “L’ho provato sui miei pazienti, due mesi e mezzo fa, prima pochi poi una quarantina, ed è diventato una proposta studiata dall’Istituto Mario Negri”.
“Non bisogna ricorrere al fai da te – raccomanda Suter nell’intervista -, perché si tratta comunque di composti che hanno una certa tossicità, per esempio per lo stomaco e il fegato. Solo il medico sa che cosa usare e con quali pazienti”. Lo studio non è scientificamente perfetto “ma questi risultati sono decisamente incoraggianti, anche se necessitano di conferme. Credo che per i medici di medicina generale sia una grande occasione, per essere primi attori della gestione del proprio paziente: tutti sono in grado di curare con l’Aulin o simili, certo, serve che siano attivi e visitino assiduamente i malati”, conclude il primario al Corriere.