Curiosità

Conosci le incredibili origini di queste parole siciliane? | Alcune fanno parte dell’italiano e le usiamo ogni giorno

Scopri le affascinanti storie dietro alcune parole siciliane, nate da influenze arabe, greche e normanne. Molte di queste, incredibilmente, sono entrate a far parte della lingua italiana che usiamo ogni giorno!

Sicilia, parole siciliane- fonte: web

La lingua è uno specchio della storia di un popolo, e quella siciliana rappresenta il patrimonio di tutte le civiltà che hanno abitato l’isola. Definirla dominata appare ormai superato, perché oggi siamo tutti figli di questo melting pot culturale, dove alcuni conservano tratti arabi, altri normanni, altri ancora spagnoli e così via.

Il siciliano non è un semplice dialetto, ma una vera e propria lingua. Lo stesso Dante Alighieri, nel suo De vulgari eloquentia, scrive: «Indagheremo per primo la natura del siciliano, poiché vediamo che il volgare siciliano si attribuisce fama superiore a tutti gli altri: tutto ciò che gli Italici producono in fatto di poesia si chiama siciliano […]». Anche Giovanni Meli rivendica con orgoglio il diritto di scrivere in siciliano: «Omeru nun scrissi pi grecu chi fu grecu, o Orazziu pi latinu chi fu latinu? […] Haiu a fàrimi pappagaddu di la lingua d’àutri?» (tradotto: «Non scrisse Omero in greco perché era greco, o Orazio in latino perché era latino? […] Dovrei forse imitare la lingua altrui?»).

Le influenze linguistiche nella lingua siciliana

La ricchezza della lingua siciliana si deve a un intreccio di grecismi, arabismi, normannismi, catalanismi, francesismi e spagnolismi, che hanno lasciato tracce profonde. Tuttavia, l’origine di alcune parole è un enigma: termini di chiara matrice araba sono comuni anche al catalano, all’italiano, allo spagnolo e persino al dialetto ligure. Altri termini hanno origini incerte tra catalano, provenzale o francese, mentre per alcuni iberismi è arduo distinguere tra catalanismi e castiglianismi.

Parole siciliane entrate nell’italiano

Molti termini siciliani sono diventati parte integrante della lingua italiana. Ecco alcuni esempi curiosi:

  • Abbuffarsi: mangiare a sazietà, deriva da “buffa” (rospo). Entrato nell’italiano nell’Ottocento.
  • Canestrato: formaggio tipico, dal siciliano “cannistratu”. Comparso nell’italiano intorno al 1970.
  • Cannolo: il famoso dolce siciliano, deriva da “canna”. Inserito nella lingua italiana agli inizi del Novecento.
  • Cassata: torta di ricotta, dal termine arabo “qa’sat” (scodella). Già presente in menù italiani nel 1897.
  • Dammuso: abitazione in pietra, dall’arabo “dammus”. Tipico di Pantelleria, si è diffuso grazie al turismo.
  • Mattanza: uccisione di tonni, dallo spagnolo “matanza”.
  • Omertà: legge del silenzio, forse dal latino humilitas. Conosciuta già dal 1800.
  • Picciotto: ragazzo, dal francese “puchot”. Diffuso con l’impresa dei Mille di Garibaldi.
  • Zagara: fiore d’arancio, dall’arabo “zahara” (splendere del bianco). Popolarizzata da D’Annunzio.

Origine di alcune parole siciliane

Ecco alcune parole siciliane con le rispettive origini linguistiche:

  • Abbanniàri: proclamare, dal tedesco “bandujan”.
  • Abbuccàri: versare, dal catalano “abocar”.
  • Addumàri: accendere, dal francese “allumer”.
  • Addurmiscìrisi: addormentarsi, dallo spagnolo “adormecerse”.
  • Annacàri: cullare, dal greco “naka”.
  • Antùra: poco fa, dal latino “ante horam”.
  • Azzizzàri: abbellire, dall’arabo “aziz”.
  • Babbalùciu: lumaca, dall’arabo “babalush”.
  • Babbiàri: scherzare, dal greco “babazo”.
  • Burgìsi: possidente, dal catalano “burgés”.
  • Burnìa: barattolo, dal catalano “búrnia”.
  • Curtìgghiu: cortile, dallo spagnolo “cortijo”.
  • Giùmmu: pennacchio, dall’arabo “giummah”.
  • Làstima: lamento, dallo spagnolo “làstima”.
  • Muccatùri: fazzoletto, dal catalano “mocador”.
  • Muscalòru: ventaglio, dal latino “muscarium”.
  • ‘Nsajàri: provare, dallo spagnolo “ensayar”.
  • Racìna: uva, dal francese “raisin”.
  • Raggia: rabbia, dal francese “rage”.
  • Runfuliàri: russare, dal francese “ronfler”.
  • Sciàrra: litigio, dall’arabo “sciarrah”.
  • Trùscia: fagotto, dal francese “trousse”.
  • Tuppuliàri: battere, dal greco “typto”.

Queste sono solo alcune delle parole che rivelano l’incredibile intreccio culturale della Sicilia, un’isola che ha fatto della sua lingua un ponte tra Oriente e Occidente.

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