Uno studente universitario risponderebbe che gli è stata tolta la movida, le lunghe passeggiate notturne per scaricare l’ansia dell’attesa, in vista di un esame. Risponderebbe che gli è stato tolto il primo contatto con i colleghi, l’imbarazzo dei primi saluti, il rossore nel presentarsi a sconosciuti e delineare in quei primi istanti i possibili amici che ti porti per la vita.
Risponderebbe che gli è stata tolta la sveglia all’alba per arrivare in facoltà, la colazione flash con latte e cereali, il trucco, il “parrucco”, una spruzzata di profumo; gli è stata tolta la colazione con cornetto o il cornetto dell’una di notte, quello caldo appena sfornato dopo una serata underground con i colleghi per le vie di Palermo.
Gli è stata tolta la festa a sorpresa della mezzanotte, l’ultima candelina spenta, gli applausi e il chiasso di un pre-serata, di un concerto in piazza, di una istantanea appesa al muro, che lega tutti in un abbraccio.
Un’insegnante potrebbe rispondere che il covid gli ha tolto il caos. Quel perfetto disordine che fa di una classe, la propria classe. Quell’odore di chiuso una volta aperta la porta dell’aula a fine lezione; gli è stata tolta la polvere del gessetto sui vestiti, che adesso candidi stanno immobili appesi, in attesa di adornare di nuovo il corpo; gli è stata tolta la gita fuori porta, i giochi in cui ci si sfiora senza paura, gli sguardi pieni di curiosità e non svuotati dalla diffidenza, quel velo sottile di polvere che la luce del fresco mattino lasciava intravedere sulla cattedra. Gli è stata tolta la recita natalizia, i preparativi buffi, quelli spontanei, la cena con i colleghi, gli schiamazzi nei corridoi.
Una mamma, un papà risponderebbero che gli è stata tolta la possibilità di riabbracciare il figlio che per studio o lavoro è al nord. Gli è stata tolta quella probabilità piccola ma alquanto preziosa di poterlo riavere per le festività prossime, di poterlo festeggiare con amici e parenti, di accoglierlo e lodarne i suoi successi in mezzo alla gente, come in mezzo alla gente si era costruito. A loro è stata tolta la possibilità di programmare il pranzo della domenica o la pizza del sabato sera, in compagnia stavolta di nessuno; gli è stata tolta la rabbia per aver fatto tardi la sera, l’intolleranza, la paura di un telefono che squilla a vuoto tra i locali nella notte
A tutti è stato tolto un pezzetto di quello che avevamo, di quello che eravamo… cose futili, apparentemente, che adornavano le nostre vite di routine. Ma adesso, adesso che il Covid ce le ha tolte, adesso, ne desideriamo quasi l’essenza, desideriamo quel pezzetto di normalità senza la quale ci sentiamo spesso svuotati!
Speriamo soltanto che quando riusciremo a riappropriarci della nostra normalità, sapremo davvero apprezzarne la sua straordinarietà.