Secondo uno studio recentemente pubblicato nella prestigiosa rivista Science of the Total Environment, condotto da ricercatori e tecnici delle Università di Perugia, Padova, Venezia e dell’Istituto Superiore di Sanità (ISS), è possibile eseguire la sorveglianza sanitaria mediante campionamento indiretto di saliva lasciata sui rifiuti. Tale approccio può rappresentare per piccole comunità (scuole, mense, fabbriche, etc.) una metodologia innovativa e non intrusiva, a complemento della sorveglianza clinica, basata invece sulle diagnosi dirette (tamponi faringei, tamponi nasali, test sierologici). La ricerca ha indagato la potenziale presenza di RNA di SARS-COV-2 in 20 diversi siti in un’area del Nord Italia caratterizzata da una superficie di 570 kmq ed una popolazione di 650.000 abitanti durante il secondo picco di COVID-19 (9 gennaio-20 febbraio 2021).
In ciascun sito è stato campionato un numero da 50 a 100 unità di rifiuti che sono stati a contatto con la saliva umana (tazze da caffé in plastica, bicchieri di plastica, lattine per bevande e bottiglie di plastica) e trasportati in un laboratorio dove sono stati opportunatamente trattati per essere sottoposti ad analisi tramite tampone. Infine, tutti e venti i tamponi (uno per sito) sono stati analizzati presso i laboratori dell’Istituto Superiore di Sanità; in tre tamponi è stata rilevata la presenza di RNA di SARS-COV-2. Con l’impatto che il SARS-CoV-2 ha avuto e che, purtroppo, sta ancora avendo nella società, si stanno sempre più affermando nell’epidemiologia nuovi approcci multidisciplinari per il monitoraggio e contenimento della diffusione del virus. Fra questi risulta essere di particolare interesse la sorveglianza ambientale di matrici rappresentati dagli scarti urbani e definiti dal gruppo di ricerca “urban waste products”, quali i reflui urbani, i rifiuti solidi, gli aerosol, il particolato atmosferico Essa è caratterizzata da analisi e monitoraggi di tipo non intrusivo, a complemento della sorveglianza clinica, basata invece sulle diagnosi dirette (tamponi faringei, tamponi nasali, test sierologici).
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“I risultati della nostra ricerca – spiega il prof. Alberto Pivato del Dipartimento di Ingegneria civile e ambientale dell’Università di Padova, uno degli autori dello studio – aprono nuovi orizzonti per l’applicazione di un approccio per la sorveglianza sanitaria-ambientale basato sul rilevamento di RNA di SARS-COV-2 su rifiuti che sono stati a contatto con la saliva umana (tazze da caffè in plastica, bicchieri di plastica, lattine per bevande e bottiglie di plastica) e denominato “solid waste-based surveillance” (SWBS). Il vantaggio principale è quello di poter potenzialmente restituire in tempi rapidi informazioni utili a determinare la presenza del SARS-CoV-2 e/o di altri virus simili non nel singolo soggetto, ma in piccole comunità (scuole, mense, fabbriche, etc.) senza l’ausilio di personale medico specializzato. Tale approccio consentirebbe di rilevare con continuità e in maniera economica e tempestiva la presenza di virus, consentendo interventi di contenimento più rapidi ed efficaci”.