La scommessa, adesso, è capire qual è il numero reale dei contagi.
Da ormai quattro o cinque giorni la progressione dell’epidemia sembra avere subito un leggero rallentamento: i 31.758 casi del 31 ottobre, per esempio, non sono il doppio dei 19.143 di sette giorni prima, ma sono più vicini al doppio dei 16.079 casi registrati nove giorni prima.
Vale a dire che il tempo in cui i nuovi casi raddoppiano sarebbe aumentato da sette a nove giorni, “ma non sappiamo se questo lieve rallentamento non sia il segnale del fatto che stiamo cominciando a perdere i casi: è possibile che non ci sia nessun rallentamento sui casi veri”, ha detto all’ANSA il fisico Giorgio Parisi, dell’Università Sapienza di Roma.
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Nel frattempo si cercano nuove vie, come i dati di Google Maps, per monitorare i possibili contatti che avvengono con gli spostamenti, soprattutto con i mezzi pubblici.
Se ci fosse davvero un miglioramento, per Parisi “il guadagno di due giorni nel tempo di raddoppio sarebbe poco significativo: bisognerebbe portarlo a un mese o due. Certo, potrebbe essere l’inizio di qualcosa, ma sono dati inaffidabili”, al punto che “seguire giorno per giorno l’andamento dei casi rischia di diventare inutile”.
Potremmo trovarci, cioè, in una situazione vicina a quella del marzo scorso, quando i casi reali erano fra cinque e dieci volte più numerosi di quelli registrati”, anche se “è difficile stimare quanti siano oggi i casi che sfuggono”.
Un indice che fa sospettare che le cose stiano andando in questo senso è il rapporto fra casi positivi e tamponi, che ha toccato il nuovo record del 14,7%. “Sappiamo che quando questo rapporto va oltre il 5% si si stanno perdendo i casi”, ha osservato Parisi.
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In leggero rallentamento anche il numero dei decessi, sebbene i 297 registrati il 31 ottobre siano il numero più alto di questa seconda fase: fino a poco tempo fa ogni settimana aumentavano di 2,3, adesso l’aumento è di 2.
“Se tra qualche giorno vedessimo che i decessi cominciano a rallentare – ha detto il fisico – sarebbe un buon segnale”.
C’è però il fatto che “i morti non possono raddoppiare se non raddoppiano i casi gravi” e questi ultimi, ossia i ricoveri nelle unità di terapia intensiva, mostrano un andamento stabile, con un 60% in più ogni settimana.
Un dato che, secondo Parisi, potrebbe indicare che le unità di terapia intensiva si stanno saturando.
In questa situazione la prima cosa da fare è “ridurre i contatti, a partire dai mezzi pubblici“, osserva Parisi, che ha riportato alla situazione degli ultimi mesi la ricerca condotta nella primavera scorsa dall’Imperial College di Londra e basata sui dati degli spostamenti rilevati da Google Maps.
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Questi indicano che fino all’inizio di ottobre le presenze sui mezzi pubblici sono state del 90% e che si sono ridotte al 71% a fine ottobre, contro il 22% dell’aprile scorso.
Gli spostamenti dovuti al lavoro, pari al 75% in settembre, e all’85% a inizio ottobre, sono scesi al 75% a fine mese (38% in aprile); gli spostamenti per raggiungere ristoranti, bar e shopping center si sono ridotti dal 100% di settembre al 90% all’attuale 80% (14% in aprile).
“Quelle che emergono da queste analisi sono solo delle indicazioni”, ha detto Parisi, ma dati utili perché “ridurre la mobilità è un segnale preciso di quanto stiano funzionando le misure di contenimento”. (ansa)
I mezzi pubblici si devono dotare di impianto di sanificazione dell’aria in presenza di persone.