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Covid, sintomatici e asintomatici. Facciamo chiarezza


Coronavirus. Sintomatici e asintomatici. Non è mai troppo tardi per fare un po’ di chiarezza. Il Covid è un nemico insidioso e molto spesso non si manifesta con i classici sintomi. Infatti, anche se i sintomi sono lievi o inesistenti, chi é infettato dal virus può a sua volta contagiare altri seppure inconsapevolmente.

Sintomatici e asintomatici: le percentuali in Italia

Alla data del 13 ottobre, come riportato dal bollettino prodotto dall’Istituto Superiore di Sanità (Iss), gli asintomatici al Covid-19 erano in Italia il 56%. I paucisintomatici, cioè con sintomatologia scarsa o poco percettibile il 16%, mentre i lievi il 21% e i severi/critici il 7%.

Diversi studi hanno confermato una elevata percentuale di asintomatici che si colloca appunto sulla metà circa dei contagiati. Ma la domanda più importante, fin dall’inizio dell’epidemia, è: i paucisintomatici e gli asintomatici sono contagiosi? 

Differenza tra debolmente positivi e asintomatici.

Il virus ha continuato a circolare, ma non si é “indebolito”. A tal proposito, è più esatto parlare di carica virale. La contagiosità è direttamente proporzionale alla carica virale. Come per tutti i virus, più alta è la carica virale misurata in un tampone, più il soggetto testato può diffondere il virus. La carica virale del coronavirus secondo gli epidemiologi è rimasta più o meno la stessa rispetto alla scorsa primavera.

I soggetti debolmente positivi presentano una carica virale molto bassa, osservabile dopo molti cicli di amplificazione in un test del tampone che misura la positività di una persona. La procedura è nota come reazione a catena della polimerasi (PCR). La carica virale è comunque esistente nell’organismo e perciò da non sottovalutare in quanto, ancorché implichi una minore dose infettiva, non significa zero. 

Gli asintomatici, invece, sono quelle persone che non hanno sviluppato mai sintomi, ma effettuando un tampone risultano ugualmente positive. Inoltre, potrebbero aver manifestato sintomi del Covid 19 in passato e ora non più. In questo caso si definiscono presintomatici. Sono comunque positivi, pur non essendo malati e potenzialmente possono trasmettere a loro volta il virus. 


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La contagiosità degli asintomatici

Diversi studi affermano che il ruolo degli individui non sintomatici (presintomatici e asintomatici) è fondamentale nell’espandersi della pandemia. Tuttavia, la contagiosità negli asintomatici del Covid è rimasta a lungo controversa. Già a gennaio vi erano prime indicazioni sulla contagiosità degli asintomatici, ma ancora a giugno alcuni studi suggerivano, viceversa, che non fossero contagiosi.

Uno di questi studi condotto da Joon Seo Lim dell’Asan Medical Center e pubblicato sulla rivista Thorax, ha suggerito che la quantità di virus nel naso e nel torace di un asintomatico Covid sia perfettamente comparabile a quella di una persona infettata con i sintomi classici, quali febbre e tosse. Pertanto, gli asintomatici sono contagiosi tanto quanto i sintomatici.

Tuttavia, gli asintomatici che non presentano sintomi lungo tutto il decorso dell’infezione, sembrano incidere meno nella diffusione del contagio, anche se non ci sono ancora dati certi. Una recente meta-analisi pubblicata in preprint su medrXiv, prendendo in considerazione 19 studi su focolai infettivi, ha stimato una probabilità di infezione da contatto con asintomatici al massimo del 2,8%, e una probabilità da 0,7 a 16,2% per i presintomatici. 

La carica virale di asintomatici e presintomatici sembra comunque essere simile a quella dei pazienti sintomatici. Seppure gli individui asintomatici sembrano mostrare una significativa risposta immunitaria. 

La minore infettività degli asintomatici rispetto ai presintomatici potrebbe derivare quindi non da una carica virale minore, ma – come suggerito anche da altri studi – dal fatto che il loro sistema immunitario si sbarazza del virus più in fretta e, quindi, sono contagiosi per un periodo di tempo inferiore.

La famiglia dei coronavirus

Il predecessore del Covid, la Sars, nel 2002 fu sconfitto piuttosto agevolmente invece proprio perché gli infettati manifestavano una sintomatologia riconoscibile e potevano essere immediatamente isolati.

I coronavirus sono, infatti, una famiglia. E secondo le ipotesi di alcuni ricercatori, quando si manifesta un nuovo ceppo le cellule T, sviluppate dall’organismo di coloro che hanno già contratto uno dei virus della famiglia, sono in grado di reagire rendendo i sintomi meno gravi.

Infine, in base a uno studio del La Jolla Institute for Immunology molte persone potrebbero presentare un grado di protezione pur senza essere state a contatto con il Covid 19. Una buona parte della popolazione potrebbe avere cellule immunitarie in grado di riconoscere il virus per essere entrati in contatto con i coronavirus «cugini» che causano i comuni raffreddori. Questo spiegherebbe perché vi è una percentuale così elevata di asintomatici. Ma non significa che non siano contagiosi.

A differenza degli altri virus con la corona, il Covid 19 ha scatenato una vera pandemia proprio per la sua caratteristica di non scatenare sintomi. Gli infetti asintomatici o che presentano sintomi lievi sono, quindi, veicoli inconsapevoli dell’infezione.

E’ di fondamentale importanza anche per gli asintomatici un rigoroso rispetto delle regole, soprattutto quella dell’isolamento, per non garantire lunga vita a questo maledetto virus. Non abbassiamo la guardia!


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