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Covid, terza dose utile o pericolosa? Lo studio del Policlinico di Palermo


Uno studio multicentrico per valutare la risposta anticorpale prodotta dall’organismo dopo la vaccinazione anti-covid è in atto da parte di sei centri universitari-ospedalieri a Palermo, Genova, Foggia, Roma, Milano, Bologna e Padova, nell’ambito di un’attività di ricerca inserita nel Piano Nazionale della Vaccinazione. Lo studio dicono dall’Uoc di Epidemiologia Clinica con Registro Tumori della Provincia di Palermo, diretta dal Prof. Francesco Vitale, serve per poter disporre nel tempo di una informazione verificata sulla necessità o meno di una terza dose.

La ricerca prevista dal Ministero della Salute e dall’Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA), con la quale l’Istituto Superiore di Sanità (ISS) ha ricevuto la delega a lavorare per indirizzare nel modo migliore l’andamento della futura vaccinazione anti-COVID, ha l’obiettivo di mettere insieme i risultati di tutti i centri e comprendere, sulla base degli esiti, se sia necessaria una terza dose e con che tempistica. Il campione complessivo prevede 3000 soggetti, per Palermo sono circa 300 i pazienti reclutati; questi ultimi – una volta aderito allo studio – vengono sottoposti a quattro diversi prelievi: prima della vaccinazione, a distanza di un mese, a sei mesi e a 12 mesi.


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La fase analitica dello studio sarà centralizzata presso i laboratori dell’Istituto Superiore di Sanità. “Per quanto attiene la nostra realtà – sottolinea il Prof. Restivo, uno dei coordinatori dello studio – fino a questo momento abbiamo evidenziato come circa un 10% dei soggetti avesse contratto il virus, ma ciò è avvenuto in modo inconsapevole. Entro la fine dell’estate contiamo di poter avere a livello complessivo i risultati preliminari per poter così disporre delle informazioni che servono per valutare la possibilità di una terza dose, probabilmente da somministrare nel periodo autunnale-invernale”.

“Uno dei valori aggiunti di questa ricerca – prosegue ancora il Prof. Restivo – risiede nell’ulteriore analisi – svolta in una sottopopolazione dei soggetti reclutati – volta a ricercare la presenza o meno dell’immunità cellulo-mediata: si tratta delle così dette “cellule della memoria”. Il vaccino, infatti, non determina solo la produzione di anticorpi, ma anche di linfociti B della memoria. Può succedere che persino i soggetti che hanno assenza di anticorpi circolanti risultino protetti, proprio perché in possesso di queste cellule della memoria che, se riattivate dal contatto con il virus, riescono a produrre anticorpi fornendo una protezione. Ulteriore aspetto di cui comunque si dovrà tenere conto e’ quello delle varianti, tema che potrebbero comportare evoluzioni ulteriori”.

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