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“Decreto del Fare”, le reazioni degli studenti


Il Decreto del Fare, approvato nelle scorse ore dalla Camera con un voto di fiducia, ha già scatenato numerose polemiche e riscaldato gli animi. Al centro delle mire dei rettori e degli studenti delle varie regioni c’è soprattutto la creazione di un nuovo meccanismo di assegnazione dei fondi dallo stato agli atenei. Ma vediamo nello specifico di cosa si tratta.

Le nuove norme in materia di borse di studio garantirebbero sì un aumento delle risorse economiche per gli studenti capaci e meritevoli che intendano iscriversi a corsi di laurea in regioni diverse da quelle di residenza ma, nel concreto, i fondi in questione verrebbero prelevati direttamente dalla quota premiale del fondo di finanziamento ordinario erogato agli atenei e, cioè, dalla parte delle risorse destinate agli atenei più meritevoli che ammonta circa al 13,5 per cento del totale.

Un meccanismo che non è visto di buon occhio dagli studenti di Link Coordinamento Universitario che giudicano il provvedimento perverso. La percezione dei giovani accademici, infatti, è quella di essere stati defraudati di una parte di fondi a loro destinati in nome di un programma che per partire prevede uno spostamento di fondi per niente rassicurante.

«Il cosiddetto programma nazionale di sostegno agli studenti capaci e meritevoli pone un’ipoteca sul futuro del diritto allo studio – dichiara Luca Spadon, portavoce nazionale di Link -. Le nuove regole, infatti, prevederanno l’erogazione delle borse per studenti che rispondono a requisiti molto stringenti, simili a quelli del decreto Profumo contestato nel febbraio scorso da migliaia di giovani».

La modifica porterà dunque molti atenei, in particolare quelli del Sud Italia, a ricevere una quota di finanziamento radicalmente inferiore a quella ricevuta dagli stessi nell’ultimo anno. Accanita anche la protesta dei rettori che hanno espresso la preoccupazione comune per le conseguenze che un intervento del genere avrebbe sulle singole università. «Invece di prevedere fondi specifici e additivi per la causa sacrosanta dei capaci e meritevoli, si tolgono all’intero sistema universitario – è quanto afferma Ivano Dioningi, rettore dell’ateneo di Bologna -. Perché non assegnare alle università la relativa quota premiale obbligandole a spendere per il diritto allo studio?».

Dal canto suo il governo nazionale prende tempo paventando il pregio e l’utilità dell’iniziativa che, a detta del promotore del decreto Marco Meloni, dovrebbe far aumentare del 50 per cento le opportunità di percepire una borsa di studio rispetto allo stato attuale delle cose.

Mentre da un lato continuano a fioccare le polemiche e i diverbi, infine, dall’altro arrivano le rassicurazioni di Maria Grazia Carrozza, ministro dell’Istruzione del governo Letta: «In Senato si interverrà con alcune modifiche – assicura la Carrozza in un’intervista su l’Unità -. Sono convinta anch’io che non si possano colpire ulteriormente le università, già sottoposte a tagli importanti».

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