Il titolo dell’articolo è l’espressione di una domanda che a mio avviso è “fondamentale”, una domanda “fondativa” del nostro essere. Cosa significa scegliere di essere o non essere, persona o individuo? Se la domanda riguardasse semplicemente la possibilità di essere o non essere, la risposta, probabilmente sarebbe più semplice (per modo di dire) da trovare, ma la differenza tra persona ed individuo riguarda tutti noi, la nostra società e il nostro modo di essere tra noi e nei confronti degli altri.
Per cercare di capirci nell’immediato e cogliere il senso più profondo di questa distinzione proverò a darvi un indizio: se vi dicessi che la nostra società è una società fondata sull’individuo e non sulla persona? Se vi dicessi che la nostra società è individualistica ma del concetto di persona sembra non fregargliene niente a nessuno? Eh si, il concetto di individuo, punta ad una autoesaltazione dello stesso; oggi la società ci dice di essere innanzi tutto “individui”, dobbiamo essere i migliori, primeggiare su tutto e su tutti, siamo autoreferenziali, poco ci importa di chi ci sta attorno, perché siamo noi il centro dell’universo conosciuto ed ahimè anche sconosciuto.
Guai a rimanere indietro; per me che sono “individuo” è fondamentale essere il primo, poi di chi rimane dietro poco mi importa, anzi, chi resta indietro potrebbe per me rappresentare un rallentamento e quindi farne a meno sarebbe anche meglio. L’individuo è per sé, ma non per gli altri, i quali, anzi, vengono visti come “nemici” ed “impaccio” per le proprie realizzazioni.
La società individualistica è una società di “pescecani” è una società in cui l’individuo, proprio perché autoreferenziale, sostituisce il proprio “Io” anche a Dio, perché non crede ci possa essere nulla al di sopra di lui. L’individualismo è secondo me l’inizio della fine di una società; pensare solo a se stessi non è strada che “spunta”, pensare solo ad esaltare il proprio ego non è semplicemente un atto di arroganza ma rappresenta la morte di ciò che è linfa vitale per gli uomini, ossia il “confronto”.
A confrontarsi con gli altri è invece la “persona”; è la persona che coglie il senso del proprio essere non in se stesso ma nel rapporto con l’altro, nella convinzione che senza l’altro io realmente non sono, il mio “Io” si completa necessariamente con l’altro. Il rapporto con l’altro allora non è visto più come limitativo o come “palla al piede” ma motivo di crescita. La “persona” cerca, per questi motivi, di non lasciare indietro nessuno.
Attenzione, qualcuno potrebbe obiettare che la persona non è “competitiva” a differenza dell’individuo; io rispondo che è esattamente il contrario; la competizione è proficua se si confrontano “persone” vogliose di crescere e migliorarsi; la competizione ha senso solo tra persone e non fra individui. È la persona che si “apre” al mondo, cerchiamo allora di uscire fuori dagli schemi dell’esasperato individualismo, apriamoci agli altri, apriamoci al mondo, cerchiamo la persona che è in noi è sostituiamola al nostro individualismo.