Intervista all’autore de ‘’gli affamati’’.
Mattia Insolia è un ragazzo Catanese. Ha conseguito una laurea in Lettere a Roma ed ha 25 anni. Nel 2017 ha iniziato a scrivere un libro nel quale ha voluto raccontare la storia di due ragazzi del Sud che dalla vita desideravano di più. E questo si è trasformato in una rabbia che sembra non avere fine.
La storia del libro “gli affamati”
Il libro “gli affamati” è la storia di Antonio e Paolo, nati in un contesto poverissimo, in un piccolo paese del sud Italia dimenticato dal mondo. Il padre, uomo violento e alcolista, è morto in circostanze orribili e la madre era scappata di casa anni prima a causa delle percosse subite dal marito.
I due ragazzi sentono un sentimento quasi di ribrezzo nei confronti di chi sono, non si accettano, non accettano il loro modo di essere. Dentro di loro c’è un vuoto che cercano di colmare in ogni modo, ma c’è anche della rabbia, tanta rabbia che sfogano con la violenza. L’unica risposta che conoscono e che sono capaci di dare. Questi ragazzi affrontano una serie di demoni del passato, di cadaveri che avevano nascosto male dentro l’armadio della loro giovinezza e che vengono fuori. In sostanza, in quest’estate costellata da violenza, Antonio e Paolo, legati soltanto l’uno all’altro, dovranno ritrovare sé stessi.
Abbiamo intervistato Mattia Insolia, l’autore di questo splendido libro, pubblicato a luglio:
Com’è nata l’idea di scrivere questo libro?
Negli ultimi mesi me lo hanno chiesto tante volte, ma più mi allontano dal momento in cui ho cominciato a scrivere il romanzo, più questo momento mi sembra sfocato. Per me la scrittura non è pura invenzione, è come uno scavo archeologico: c’è un terreno che devo scavare, io rimugino su questo terreno sapendo che devo trovare qualcosa. Sono venuti fuori questi due ‘’cadaveri’’: Antonio e Paolo. E poi la storia me l’hanno raccontata loro, io li ho solamente ascoltati ed ho scritto. Ecco come nasce “gli ffamati”
Come hai capito quello che volevi fare nella tua vita? Qual è stata l’esperienza che te l’ha fatto capire?
I momenti di svolta, in realtà non riusciamo a comprenderli come tali mentre li stiamo vivendo, li riconosciamo soltanto una volta che si sono conclusi e ci lasciano un bagaglio di esperienze dentro.
Il primo anno di università posso dire che è stato l’anno in cui per la prima volta mi sono avvicinato e approcciato al mondo della scrittura e della letteratura ‘’in modo serio ’’: mi sono avvicinato agli autori del Novecento, molti dei pilastri della letteratura ed ho scoperto la mia passione per la scrittura.
Inoltre credo che non siano i grandi eventi a rendere importante un momento o un periodo, sono i piccoli eventi, le piccole esperienze che realmente fanno la differenza nella nostra esistenza. Il modo in cui noi viviamo un momento lo rende importante.
Gli ultimi anni, ritengo che siano stati costellati da questi piccoli eventi che mi hanno cambiato e io stesso riconosco che c’è stato un cambiamento personale ed emotivo dentro di me. Di fatto la nostra identità è in continuo mutamento.
Cosa rappresenta per te la scrittura e la storia che hai raccontato? Hai detto che la tua storia non è autobiografica, allora come hai fatto ad immedesimarti in quello che hanno vissuto Antonio e Paolo?
Preciso che fortunatamente il mio racconto non è autobiografico, nonostante comunque Antonio e Paolo facciano parte di me. Per me, la scrittura, non è esorcizzare i demoni, è chiamarli a raccolta, metterli seduti davanti a me, sul palco della mia tragedia e dir loro ‘’ecco, adesso fate voi quello che dovete fare, io vi ascolto e vi guardo’’.
Ciò che è più importante per me non è quello che scrivo in sé, ma diventa davvero importante quando si crea un ponte con il lettore, il quale si rivede in quello che scrivo. Attraverso l’esperienza comune, io riesco a sbarazzarmi della mia solitudine. Nel momento in cui qualcuno legge ciò che scrivo, riesco a fare pace con alcuni aspetti della mia vita.
Cerco sempre di immedesimarmi negli altri. Mi piace pensare di essere una persona empatica, ma non posso giudicarlo da me. Cerco sempre capire chi ho davanti e capire le ragioni che spingono a determinate azioni, specialmente quando le persone mi feriscono, tendo sempre a provare di comprendere il perché. Io non credo che esista qualcuno intrinsecamente sbagliato o che nasce cattivo. Dietro ogni azione deve celarsi sempre una ragione.
C’è qualcos’altro in corso d’opera?
Si, c’è qualcosa. Ma, dalla stesura del mio primo libro, qualcosa è cambiato: prima la scrittura era una cosa tra me, me ed i miei protagonisti. Adesso non è più una scrittura di getto, ora devo cercare di togliere di mezzo quell’idea lì, di nuovo scoprire i nuovi personaggi che voglio sentir parlare e raccontare.