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“Fateci tornare a casa”, la mobilitazione e gli appelli disperati LETTERE E VIDEO


Invece di premiarci per la scelta responsabile di rimanere, due mesi fa, ci stanno punendo.

Petizioni, appelli, video e lettere al Presidente della Regione siciliana per chiedergli di poter tornare a casa. Lavoratori e studenti siciliani rimasti bloccati in varie parti d’Italia si rivolgono a Musumeci e lo fanno in tutte le forme possibili.

“Il DPCM del 26 aprile prevede espressamente la possibilità “di rientrare in ogni caso presso il proprio domicilio, residenza o abitazioni”. Tradotto, significa che tutti gli italiani che NON sono fuggiti, a marzo, irresponsabilmente, dai luoghi in cui si trovavano, possono farlo adesso, dopo quasi due mesi, in sicurezza, per poter finalmente riabbracciare i propri cari. Musumeci, però, ha detto di no. I siciliani a casa non possono tornare. Se, in barba a tutte le direttive, sei tornato a marzo, ormai resti a casa, se, invece, ti sei comportato bene e adesso vuoi comprensibilmente rientrare in Sicilia, rispettando le misure di quarantena, non puoi. Per universitari e giovani lavoratori siciliani costretti in monocali, con atenei chiusi e lavoro che scarseggia, ogni giorno lontano da casa è una sfida, ma questo il governatore non lo sa. Troppo facile riempirsi la bocca di giovani solo in campagna elettorale”. Questo il contenuto di un messaggio che ci arriva da Sabrina, studentessa Palermitana al Politecnico di Torino, e che sintetizza lo stato d’animo di migliaia di giovani studenti e lavoratori che non possono far rientro in Sicilia. Infatti, in Sicilia è stato limitato l’accesso non consentendo un facile rientro.

Le petizioni

Sono diverse le petizioni che sono nate in queste ore per supportare la causa. La prima è stata lanciata dai deputati regionali del Partito Democratico Michele Catanzaro e Nello Dipasquale. Fondamentalmente si chiede al Presidente della Regione Sicilia di affrontare la situazione dei residenti in Sicilia, momentaneamente fuori regione, dopo 2 mesi di quarantena, di poter rientrare in Sicilia. I firmatari chiedono “coerenza e soprattutto solidarietà nei confronti dei Siciliani”, e ricordano “che potevamo essere in quei treni stracolmi dell’8 marzo e invece per il bene della nostra terra, abbiamo rispettato le indicazioni e siamo rimasti al Nord, al centro Italia, all’estero”.

Il video – Il grido si alza forte e trova nei social la miglior cassa di risonanza.

La disperazione dei tanti appelli sono sintetizzati in un video da tanti studenti e lavoratori che si trovano nella stessa condizione. Prima lo guardiamo e poi lo descriviamo.

L’obiettivo è arrivare proprio nei palazzi palermitani, e di portare fin sulla scrivania del Presidente l’hashtag #fatecitornare. Su change.org è partita una petizione, su Facebook e Instagram si moltiplicano post e appelli, e su Telegram è stato creato un gruppo che conta decine di ragazzi che non possono e non vogliono più aspettare. C’è chi ha perso il lavoro, chi non può pagare l’affitto, chi non riprenderà le lezioni e i genitori non ce la fanno più a mantenerli. Lo hanno fatto per due mesi, adesso sono stremati. “Invece di premiarci per la scelta responsabile di rimanere, due mesi fa, ci stanno punendo. Ci sentiamo presi in giro, – dicono – e siamo costretti a pensare che chi è scappato, sprezzante delle regole, sia stato più furbo di noi e abbia fatto bene”. Sono migliaia, e alcuni di loro, per non rimanere solo voci, hanno deciso di metterci anche la faccia, con un video (vedi sotto) che arriva dritto al cuore, perché chi gli dovrà ribadire che davvero non possono ancora rientrare dovrà farlo dopo averli guardati negli occhi. Come Marinella Vanini, vittoriese di 20 anni e studentessa al 2^ anno in Biotecnologie, a Ferrara; come Martina Patti, l’autrice del video, 21enne nativa di Palermo e studentessa di Scienze Infermieristiche, bloccata anche lei a Ferrara da gennaio. E’ per aiutare pure loro che Nicolò Beneventi, 20enne ferrarese studente di Ingegneria Meccanica, ha inviato una mail con una lettera sia a Musumeci che all’assessore regionale all’Istruzione, Roberto Lagalla. “Lei non può voltargli le spalle, chiudendo le Frontiere della loro Sicilia – scrive Nicolò – non può cancellare tutti i treni, tutti i voli, tutte le navi, e non può impedire a questi poveri ragazzi di tornare a casa. Adesso che abbiamo imparato come limitare il contagio e l’andamento della curva epidemica è in netta discesa, le chiedo, con tutto il mio cuore, di prendersi cura di questi suoi conterranei e di dar loro la possibilità di esercitare i propri diritti, perché questo è un loro sacrosanto diritto”. Jessica Salamone ha 20 anni e da due studia a Bologna, alla facoltà di Scienze della Formazione Primaria. Anche lei l’8 marzo ha deciso di rimanere.”Ho scrupolosamente seguito tutte le disposizioni, ho passato il mio periodo di quarantena e ho aspettato con ansia che mi dessero di nuovo la possibilità di rientrare a casa. Mi preme scendere giù poiché i miei genitori fanno dei sacrifici per mantenermi, e siamo in difficoltà. Inoltre, essendo una studentessa, ho degli esami da sostenere e mi serve una buona connessione ad internet che nella casa di Bologna non ho. Ho bisogno di rivedere i miei genitori, di raggiungere la mia casa e rasserenarmi psicologicamente, ma anche di poter esercitare il mio diritto allo studio”. Martina Failla, invece, è trapanese, spegnerà 27 candeline a luglio e vive a Milano. A dicembre ha conseguito la laurea in Fotografia e Arte Contemporanea all’Accademia di Belle Arti di Brera e la pandemia l’ha sorpresa proprio in quella fase in cui, ultimati gli studi, si deve decidere cosa fare ‘da grande’, ma c’è pure un altro problema: Martina ha il diabete di tipo 1, rientra nelle categorie a rischio e ha, quindi, tutto il diritto di tornare, ma non ci sono i mezzi e ora che i suoi coinquilini stanno ricominciando a lavorare e a stare a contatto con altre persone vive con l’ansia del contagio. “Sono in quarantena dal 27 febbraio – racconta – e sono andata avanti grazie a qualche soldo messo da parte e agli aiuti dei miei, ma adesso ho l’esigenza di rientrare. Subito, non tra un mese. Ho organizzato tutto, c’è una casa vuota che mi aspetta per la quarantena, sono stata responsabile fino ad oggi e non mi metterò a far festa domani”. Martina vive fuori da anni, è abituata, e il suo pensiero in questo momento così delicato è soprattutto per chi è fuorisede da pochi mesi. E’ stata lei, che su Instagram ha un profilo da 18mila followers, a creare un gruppo su Telegram che, in due giorni appena, ha raccolto oltre 80 ragazzi nella stessa situazione. “Avevo percepito fin da subito il pericolo, – continua – mentre ancora altri consideravano il mio un ‘panico esagerato’ e il virus una ‘normale influenza’. Quel fatidico sabato in cui in tanti decisero di tornare al sud, io non sono scesa. Mi sono detta: Perché rischiare? La situazione è che, dopo 60 giorni, mi trovo senza lavoro, perché in Italia l’arte viene sempre per ultima, un affitto da pagare e le bollette. Invece di chiamarlo ‘nuovo esodo’ e farci sentire appestati, perché non ci aiutate a tornare in sicurezza? Voi non potete nemmeno lontanamente immaginare lo stato d’animo di chi si trova fuori”. Infine, un messaggio diretto al Presidente Nello Musumeci: “Proteggere i siciliani è il suo compito, no? Bene. Siamo siciliani anche noi!” “Tornare a casa è un mio diritto” le fa eco Erika. Anche lei è rimasta in Lombardia mentre tutti fuggivano, per non mettere a rischio i propri cari qualora fosse stata asintomatica. “Non è stata una scelta facile, lontana dalla mia famiglia, con un affitto da pagare, un lavoro da precaria e il terrore causato dalla situazione. Dopo 60 giorni i nervi iniziano a crollare, i nostri appartamenti sono diventati delle gabbie e il senso di solitudine si fa sempre più grande. Sono disposta a farmi anche altri 60 giorni di quarantena, ma li voglio fare a casa mia, nella terra in cui sono nata e cresciuta, nel luogo in cui mi sento sicura, nella terra che oggi non mi vuole perché per il Presidente Nello Musumeci ‘non possiamo spalancare le porte della Sicilia a chi viene dal resto d’Italia, non è ancora il momento’. Allora mi chiedo, caro Presidente, quando sarà il momento? Questa è una grandissima ingiustizia! – conclude – e proprio in questo momento di difficoltà lei dovrebbe aiutarci e non abbandonarci!”. Chiede aiuto anche una madre che preferisce restare anonima e che, da febbraio, si trova da sola con suo figlio in provincia di Treviso. “Io sono felice di avere mio figlio, è la mia gioia, ma se dovesse accadermi qualcosa, se mi dovessi ammalare, lui resterebbe solo! Se avessi la possibilità di tornare giù, mio figlio per lo meno avrebbe qualcuno con cui stare. Non sono solo gli studenti fuori sede a reclamare il rientro, ci siamo anche mamme, papà e lavoratori che vorrebbero tornare dalle proprie famiglie e ognuno ha una storia personale. La situazione è molto pesante dal punto di vista psicologico”. Infine c’è Claudia, 22enne di Trapani che vive a Rimini e studia marketing. Anche lei ha scritto una lettera nella quale afferma di far parte “di quel grande gruppo di persone che, all’inizio dell’emergenza, ha scelto di agire con responsabilità e cognizione di causa”. “Siamo rimasti al Nord – aggiunge – perché era giusto. È stato un bene per la nostra salute, per quella dei nostri familiari, per quella dell’intera comunità Siciliana e del nostro sistema sanitario. È da mesi che siamo presso i nostri domicili, in totale isolamento, in situazioni più o meno difficoltose. Abbiamo stretto i denti, noi e le nostre famiglie, ma in tanti ora si ritrovano senza alcuna possibilità di incrementare il proprio reddito. Molto persone sono figlie di genitori che hanno perso il posto di lavoro e che non sono più in grado di pagare un ulteriore canone di locazione (con i prezzi del Nord Italia, peraltro!). Dopo tutti questi mesi, finalmente, il Presidente del Consiglio ci dà la possibilità di tornare presso le nostre residenze, ma, sempre perché ad essere onesti a quanto pare si sbaglia, il governatore Musumeci ha scelto di blindare la Sicilia e non esiste la possibilità di acquistare viaggi mediante trasporto aereo, stradale, ferroviario e marittimo. Sappiamo quali sono le misure che dobbiamo adottare una volta raggiunta la nostra Regione. Siamo coscienti e totalmente d’accordo! Ma non siamo tutelati, ci stanno privando di ogni diritto”.

Le Lettere

La studentessa che vive a Ferrara. Ecco la sua lettera:

Innanzitutto mi presento, sono una studentessa Siciliana che vive a Ferrara da circa tre anni, precisamente da quando ho deciso di intraprendere il mio percorso di studi al di fuori della mia amata Sicilia; a malincuore e con tanto coraggio ho deciso di lasciare i miei cari, i miei affetti, per cercare di coronare il sogno che ho sempre avuto sin da bambina, sogno che mi ha portata ad iscrivermi alla facoltà di giurisprudenza di Ferrara.
Nessuno, purtroppo, poteva mai immaginare che un virus, così piccolo fuori, ma tanto grande dentro, sarebbe riuscito a scombinare un intero sistema, nessuno di noi avrebbe mai immaginato le conseguenze e le ripercussioni che avrebbe generato, lo scompiglio che avrebbe portato, sia alla società che nelle nostre vite, ma nonostante ciò, noi tutti studenti fuori sede, abbiamo provato a non buttarci giù, abbiamo provato ad avere fiducia nel sistema e in lei, siamo rimasti qui, al nord, lontani da casa; abbiamo cercato di far prevalere il buon senso, la ragione, mettendo da parte il cuore, gli affetti, i sentimenti( e come lei ben sa, per noi Siciliani è difficile mettere da parte il cuore o gli affetti), abbiamo cercato di dare, nel nostro piccolo, il nostro contributo, consapevoli che non sarebbe stato giusto ritornare a casa in quel preciso momento, consapevoli che potevamo essere considerati fonte di contagio, pur essendo sani, pensando ai nostri nonni, alle persone più anziane, mettendo al primo posto la loro salute anziché la nostra. Abbiamo aspettato, e non le nego che abbiamo sofferto tanto per questo, perché sa, quando si aspettano solo le vacanze per tornare a riabbracciare i nostri cari, per tornare a sentire il profumo della nostra terra, negare ciò è come togliere ad un bambino il giocattolo a lui più caro e prezioso, ma noi siamo stati forti e ci abbiamo creduto. Pochi giorni fa, così come noi tutti sappiamo, il nostro presidente del Consiglio, ha emanato un nuovo decreto, in vigore dal 4 Maggio, annunciando a tutti gli Italiani l’inizio della così detta fase due.
Lei non sa, caro presidente, che felicità abbiamo provato nel sentire quelle parole, nel sentire che finalmente potevamo tornare nella nostra residenza, nelle nostre case, rispettando ovviamente tutte le misure di precauzione necessarie, così come abbiamo fatto fino ad ora, per essere totalmente immuni da ogni rischio, pericolo, tutelando noi stessi, le nostre famiglie, la nostra Regione; è come se finalmente, dopo tanto buio , fossimo riusciti a vedere un po’ di luce, ma questa luce però è durata ben poco, perché è stato proprio lei a togliercela, dal momento in cui ha annunciato di non avere alcuna intenzione di farci rientrare. Poi però, dal decreto da lei emanato, leggo che, tutte quelle famiglie che hanno una seconda casa nella nostra amata Sicilia, hanno la possibilità di farvi ritorno purché vi rimangano fino alla fine della stagione estiva. E allora noi, caro presidente, ci chiediamo, noi che abbiamo la nostra prima casa giù, perché non possiamo tornare?
È come se in un qual senso, fossimo le “pecore nere” del gregge. Perché non possiamo ritornare nella nostra terra, nelle nostre case, com’è nostro diritto, seguendo, come le ho detto sopra, tutte le direttive necessarie? Perché? Sa, ci sono tanti perché e tante domande che continuano a perseguitarci, domande alle quali, ad oggi, non abbiamo alcuna risposta. D’altro canto, penso che lei sia anche consapevole del periodo in cui ci troviamo noi studenti universitari; siamo a Maggio, e come lei ben sa, fra meno di un mese ci saranno gli esami, perché quelli giustamente non sono bloccati, e ripeto giustamente, ma come si possono preparare degli esami se non c’è un minimo di serenità fra noi, se il nostro pensiero fisso è ritornare a casa, adesso, prima che la situazione possa degenerare nuovamente. La prego di riflettere e di fare tutto ciò che è in suo potere fare, al fine di farci ritornare semplicemente a casa, non chiediamo altro, non abbiamo pretese irragionevoli. Ogni individuo, come lei meglio di me sa, e così come afferma “La Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo”, ha diritto di tornare nel proprio paese, e noi, ora più che mai, dobbiamo godere di un diritto che ci spetta, e ci spetterà sempre. Abbiamo bisogno del suo contributo, abbiamo bisogno di continuare a sperare e a credere che avere buon senso non significhi essere penalizzati, abbiamo bisogno di continuare a credere nel sistema, in lei, ora più che mai. Sono certa che queste saranno solo parole, prive di rilevanza, di una studentessa disperata, che non chiede altro di poter tornare a casa, ma, voglio continuare a crederci, parlando a nome di tutti quelli che si trovano nella mia stessa posizione, voglio continuare a sperare che ci aiuterà, che non sarà invisibile ai nostri occhi.

Valentina, insegnante, siciliana si rivolge a Musumeci in una lettera aperta/appello che pubblichiamo interamente:

Sono un’insegnante siciliana che da settembre lavora al nord.
Dall’entrata in vigore del DPCM, che ha sancito le misure restrittive per tutta l’Italia, disponendo la chiusura di tutte le scuole di ogni ordine e grado, ogni mattina con grande senso di dovere, svolgo il mio lavoro in modalità Smart Working, attività che potrei benissimo svolgere dalla mia residenza andando a risparmiare sulle spese di vitto, alloggio e perfino di sussistenza personale che come è facile immaginare, qui sono molto elevate.

Tuttavia, ci tengo a sottolineare che vista la mia giovane età, non sono un’insegnante di ruolo e come me anche a tanti precari, chi a maggio e chi a giugno, scadrà il contratto. Cosa farà la Regione Sicilia nel momento in cui non avremo più un lavoro e dovremo continuare a stare qua pagando i costi elevati d’affitto, perché al sud non ci sarà consentito rientrare? Avrà ancora intenzione di ripudiare e di nutrire pregiudizi e perfino un senso di disprezzo verso tutti i lavoratori che dal nord rientrano al sud? Oppure tornerà a credere nei valori che da sempre contraddistinguono e accomunano la nostra terra, quali: la solidarietà, il calore umano e l’accoglienza verso chiunque fino ad oggi è giunto in Sicilia?
Ritengo che una categoria sociale di così ampio spessore come la nostra che ogni anno, spinta da un forte impegno e forza di volontà, sceglie di spostarsi al nord nella speranza di poter lavorare, sia da ammirare e che dunque meriti un po’ più di ascolto e comprensione e non di essere DIMENTICATA DA TUTTO E DA TUTTI!

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