A #DILLOSUYOUNIPA i pensieri di Giulia
In queste righe non vi illustrerò la mia routine in quarantena, vi annoierebbe dopo due minuti.
Si tratta piuttosto di un pensiero che volevo condividere con voi.
Ero in macchina quando lessi della famosa bozza. Molte province tra cui Reggio sarebbero divenute zona rossa. Quel decreto “fastidioso” era l’argomento principale al bar. Sì perché è così che le persone di questo piccolo paese di campagna lo percepivano, “fastidioso”. Il vecchietto a fianco che giocava a carte, farfugliava. Secondo lui i bar non avrebbero mai chiuso. L’orario dell’aperitivo si era spostato alle 16.00, data la chiusura anticipata. In quei primi giorni non riuscimmo a prendere consapevolezza di quel che stava realmente accadendo intorno a noi. Io per prima immaginavo di essere all’interno di uno degli episodi di “Black mirror” e di interpretare una parte. Non sembrava poi così male questa quarantena. Era il primo giorno di quarantena, e anche il primo giorno di sole dopo mesi. Tutto il paese aveva deciso di uscire e camminare per le campagne. Rimasi stupita. Un paese nel quale solitamente l’unica forma di vita presente è racchiusa tutta dentro il bar, in quel momento sembrava rinascere, emergere dall’asfalto, in ogni angolo. Probabilmente il senso di libertà delle persone, a volte, riesce a soverchiare la loro pigrizia. Se ci pensate è anche comprensibile. Come capacitarsi dell’idea di dover rinunciare a parte della propria “legittima” libertà?
Per farvi un esempio: è da un po’ che pensate a quella magnifica mountain bike e a quanto sarebbe bello risistemarla per poi girare tutta la provincia e oltre. Sarebbe bello, se non aveste così tante, troppe cose da fare. Poi in tv il Presidente vi dice che: “è fatto divieto a tutte le persone fisiche di spostarsi, salvo che per comprovate esigenze di assoluta urgenza” (una formula che ormai tutta Italia sogna anche di notte).
Bene, in quell’esatto momento, sopraggiungerà in voi una voglia irrefrenabile di prendere quella maledetta bici e farci un giro. Questo proprio perché “non potete”.
Ora, tralasciando la mia psicoanalisi gratuita, l’idea “di non poter fare” mette paura a buona parte della gente. Certo, ognuno di noi ha un determinato carattere e un proprio stile di vita, ma non credo di sbagliare se dico che la maggior parte di noi (studenti principalmente) teme di non aver abbastanza tempo per tutto. Nella nostra solita routine lo spazio per pensare, riflettere su stessi, è davvero limitato. Ci hanno imposto a forza un “time out” delle nostre vite. Tutti i nostri progetti, i viaggi che avevamo in programma, sono stati semplicemente “sospesi”. Non solo, ma anche gli amici, i familiari del comune vicino e tutte quelle persone importanti per noi e che erano parte integrante della nostra routine, ora non lo sono più.
È normale dunque essere sopraffatti da una strana ansia, una paura non visibile agli occhi e tantomeno tangibile. D’altra parte c’è chi invece questa ansia la vede e la tocca con mano tutti i giorni, in quel corridoio di ospedale. Una situazione surreale, che si riverbera nelle nostre menti e che in qualche modo ci costringe a pensare, a cambiare le nostre abitudini. Per quanto riguarda la sottoscritta, mi ritengo una persona positiva. La positività e soprattutto la capacità di rinnovarsi, in questi momenti, possono essere due fedeli compagni di quarantena. Con ciò non intendo negare la gravità della situazione e ancor meno intendo spronare le persone a voltare le spalle. Il mio vuole essere un invito a ritrovarsi e insieme ritrovare ciò che avevate abbandonato, dimenticato.
Forse il nostro Presidente, vedendoci un po’ stressati, ha pensato di concederci una vacanza in quel bel posto chiamato casa dolce casa in cui durante il giorno è possibile riscoprire quante più cose abbiamo dato per scontato e considerato superflue. Guardando fuori dalla finestra ho notato che effettivamente “l’erba del vicino è sempre più verde”. Il mio giardino a confronto sembra quello di Morticia Addams, un paio di primule non sarebbero male.