Dopo 10 mesi lontani dalle aule universitarie, stretti nella solitudine delle nostre case, con la pandemia che non ci abbandona, le connessioni che troppo spesso non sono stabili e i dispositivi che in famiglia non bastano mai, si moltiplicano le denunce degli studenti.
Più che denunce vere e proprie sono richieste di aiuto, di ascolto. Di una intera generazione che sembra venire ignorata dal sistema.
Gli studenti chiedono di essere ascoltati
Avevamo pubblicato giorni fa la lettera di Benny all’Univeristà, così come lo sfogo di Giulia che lontana dalla sua vita di sempre si è sentita sola e in preda all’angoscia.
Questi sono solo esempi, ma molto rappresentativi, dello stato d’animo che accompagna i milioni di studenti universitari del nostro paese.
Abbiamo letto su Vanity Fair un’altra testimonianza di una studentezza trentina, che ha scritto anche lei, simbolicamente, una lettera indirizzata alla scuola. “Cara scuola, non ci vediamo ormai da qualche anno, anche se io non ho mai smesso di studiare…” così inizia la lettera di Laura, studentessa di giurisprudenza dell’università di Trento.
«Mi piacerebbe che si parlasse di quelli che in questi 10 mesi si sono laureati, e che hanno trovato sbarrate le porte del mondo del lavoro».
Nella sua lettera Laura parla della scuola e delle sue problematiche, che finalmente sembrano essere venute a galla, con tutta la pororompenza di problemi per lungo tempo ignorati.
Università ignorata
Ma la vera assente di tutti i dibattiti e le contese del momento è l’Università.
“Non pretendo di tornare in aula, anche se lo desidero, perché mi rendo conto che l’apertura delle università creerebbe una forte pressione sul sistema dei trasporti e di riflesso sul sistema sanitario. Però mi piacerebbe che di università si parlasse, ogni tanto. Magari in qualche elenco distratto del TG, in qualche talk show del pomeriggio o della notte, se non in Parlamento. ” così scrive Laura in un passo della sua lettere.
Continua: “Abbiamo continuato a studiare e a dare esami, siamo stati bocciati agli esami perché la connessione non era abbastanza stabile, abbiamo completato consegne ricevute a tutte le ore del giorno e della notte tramite mail inviate senza preavviso, abbiamo scritto la tesi con le biblioteche chiuse, abbiamo installato sul PC un software che controlla perfino i nostri movimenti oculari quando svolgiamo una prova scritta, abbiamo rinunciato a un anno intero di opportunità relazionali, ci siamo laureati in ritardo perché il Covid ha impedito i tirocini, abbiamo rinunciato all’Erasmus, abbiamo deciso di non frequentare le lezioni per lasciare il computer o la connessione ai nostri fratelli più piccoli in dad.”
Quelle problematiche inascoltate
E ancora “Mi piacerebbe che si parlasse della difficoltà delle famiglie che continuano a pagare tasse universitarie invariate in questo periodo di incertezza economica. Che si parlasse del disagio psicologico degli studenti, degli attacchi di panico, dei disturbi alimentari. Mi piacerebbe che si parlasse di quelli che in questi 10 mesi si sono laureati, e che hanno trovato sbarrate le porte del mondo del lavoro. Mi piacerebbe che si parlasse di quelli che si mantenevano gli studi facendo i camerieri e che, avendo perso il lavoro, non possono più permettersi l’università. Mi piacerebbe che si parlasse di tutti i sacrifici necessari per noi in questa”.
Un’amara verità viene fuori da queste parole semplici, scritte da una studentessa che, nel bel mezzo della realizzazione dei suoi sogni, si è trovata a dover fronteggiare una situazione nuova, inaspettata. E lo ha dovuto fare da sola.
Una generazione di universitari ignorata
Nella parte finale della sua lettera Laura scrive:
“La cosa che mi rende più triste di tutte è che la mia generazione non è il futuro di questo Paese (come si dice), ma è il presente di questo Paese. Noi che oggi siamo universitari, tra uno, due, tre anni, saremo lavoratori. Com’è possibile che a nessuno importi il livello di preparazione che avremo? Com’è possibile dimenticarsi di un’intera generazione di adulti, di elettori, di contribuenti, di sognatori?“
Non si può ignorare più ignorare il fatto che questi studenti hanno bisogno di risposte. Hanno necessità di essere ascoltati, tutelati, preparati. Il livello di preparazione di una intera generazione è messo a rischio. E se nessuno se ne occupa le conseguenze non saranno soltanto per questa generazione, ma per la società intera. La scuola, l’unviersità, i sistemi formativi di un paese sono il termometro che ne misura la qualità, lo spessore.
Ci vorrebbe un po’ di lungimiranza su questo. Ma se i problemi del nostro sistema di istuzione continuano a essere soltanto i banchi con le rotelle e questioni simili, la vedo dura.
L’unica grande speranza che abbiamo la intravedo nella tempra di questa generazione di studenti. Perchè sono ragazzi che non si arrendono, sono tenaci, hanno la forza di lottare per i propri sogni.
E noi siamo con loro, in tute le loro battaglie, che sono anche le nostre. Per difendere i loro sogni, che sono anche quelli di tutti noi.
Buon pomeriggio, comprendo il bisogno e il desiderio di trovare ascolto in un periodo così complesso. Io sono una giovane psicoterapeuta che lavora a stretto contatto con adolescenti e ragazzi. Non abbiate timore di chiedere, di dare voce al vostro disagio e al disorientamento provato.