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Guido Brera, dall’alta finanza alle strade di Milano: rider per un giorno


Le Iene colpiscono ancora. Con i loro servizi pungenti, a volte un po’ paradossali, ma sicuramente con quel sottofondo di amarezza finale che invita alla riflessione. Uno dei servizi andati in onda nell’ultima puntata ci ha colpito particolarmente.

Il servizio era dedicato alla dura vita dei rider, e ne ha descritto una giornata tipo. Con un testimone d’eccezione: Guido Brera, investment manager e scrittore, che ha recentemente scritto il libro “Candido”, proprio dedicato ai rider. Brera è diventato celebre alle masse dopo aver raccontato il mondo della finanza ne “I diavoli”, una storia scritta da lui e in parte autobiografica che è diventata una serie dal cast internazionale.

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Le Iene hanno deciso di far trascorrere una giornata a Guido Brera, insieme ad un rider, visto che li ha descritti nel suo ultimo libro. Il nostro amico convenzionalmente lo hanno chiamato Stefano. 26enne della Costa d’Avorio finito a fare consegne a Milano. Non avendo il permesso soggiorno, il ragazzo per lavorare è costretto a fingersi qualcun altro e si è iscritto all’app da cui riceve gli ordini usando i documenti di un amico in regola.

La strana coppia così formata è andata in giro su e giù per le vie di milano a fare consegne e cercare di accaparrarsi ordini e non perdere tempo. A fine giornata, dopo una serie di fatiche, contrattempi e attese, il guadagno di Stefano è pari a €47. Ma nel corso della giornata ha dovuto anche riparare un danno alla bici e stare fuori al freddo dalle 9,30 alle 22,00. La media di guagnagno mensile è di circa 1000 euro.

“Quanto vieni pagato è deciso da un algoritmo”, spiega Guido. Ogni app ne ha uno diverso e in generale viene pagata ai rider una tariffa minima per ogni consegna, più un extra per ogni chilometro percorso. “È un’app che determina la tariffa e tu puoi prendere o lasciare”, continua Guido.

Il servizio mette insieme questi due personaggi così lontani tra loro. Da una parte un 26enne della Costa d’Avorio, scappato dalla guerra e arrivato in Italia su un barcone, per poi fare il rider a Milano. Dall’altra Guido Brera, fund manager di uno dei fondi di investimento più performanti d’Europa.

Intanto che si attende la consegna del primo ordine, Guido e Stefano fanno quattro chiacchiere. Guido chiede quanto ha speso per bici e zaino. Stefano risponde 300 euro per la bici, 50 euro sono serviti per lo zaino e in più ha dovuto acquistare un telefono con abbonamento.

“Un rider è un imprenditore di se stesso”, spiega Guido Brera. “Per lavorare deve aprire una partita Iva. I rider hanno tutti gli svantaggi del lavoratore autonomo, senza però i vantaggi dei liberi professionisti. Dall’altro lato non ha nemmeno i diritti sociali dei lavoratori dipendenti. Se si fa male, se deve andare in maternità, non può farlo perché non ha alcun tipo di paracadute sociale”.

Come funzionano le App che gestiscono i rider

Nel servizio Brera spiega anche il funzionamento di queste app. All’inizio lavorano in perdita. Le società non guadagnano finché non prendono tutto il mercato. Poi alzano i prezzi. Ma nel frattempo tutti gli altri competitor sono saltati. E questo ragionamento non vale solo per le società di delivery, ma per molte aziende tecnologiche che si sono affermate negli ultimi anni. “Quindi ammazzano l’economia reale che si era basata su altri presupposti”, dice Brera.

Una doverosa riflessione…

“Io credo che noi in ogni servizio che noi otteniamo dobbiamo sempre valutare se c’è un costo occulto che noi paghiamo e che non vediamo e che si sobbarca l’intera società”, spiega Guido. “Nei rider tu hai un pasto caldo, ma hai un costo sociale occulto. Perché se tu crei un’armata di invisibili che non riescono a programmare il loro futuro avrai meno consumi, minore domanda interna, gente che non riesce a mettere su famiglia. Quindi avrai una società senza un futuro”.  

Già, una società senza futuro. Forse è proprio questa l’angoscia più grande delle nostre generazioni. L’incertezza del futuro e l’impossibilità di programmare. Ma allora cosa dovremmo fare? Smettere di ordinare a domicilio? Il problema purtroppo ha radici molto profonde e non è così semplice analizzarlo. Certo è che ci sono ragazzi, italiani e stranieri, che oggi per sbarcare il lunario fanno sacrifici enormi. Senza alcuna tutela e garanzia. Ci auguriamo che lo Stato, il sitema sociale che regola le nostre vite, non voglia stare a guardare ancora a lungo. Ne va del futuro non solo di questi invisibili, ma della società stessa.

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A proposito dell'autore

Da 13 anni laureata in comunicazione e tecnica pubblicitaria. Dopo aver fatto diverse esperienze all’estero, ha deciso di fermarsi nella sua terra siciliana, collezionando anni di esperienza nel campo degli eventi e dell’organizzazione congressuale. Da pochissimo ha fondato una sua agenzia di eventi e comunicazione, la Mapi. E’ appassionata di moda, cinema e spettacolo. Ha un debole per le giuste cause e per i Mulini a vento. Il suo sogno? Coltivare e mantenere vivo l’entusiasmo per la vita e per ogni sua piccola forma e manifestazione. Da 13 anni sono laureata in comunicazione e tecnica pubblicitaria. Dopo aver fatto diverse esperienze all’estero, ho deciso di fermarmi nella mia terra siciliana, collezionando anni di esperienza nel campo degli eventi e dell’organizzazione congressuale. Da pochissimo ho fondato una mia agenzia di eventi e comunicazione, la Mapi. Sono appassionata di moda, cinema e spettacolo. Ho un debole per le giuste cause e per i mulini a vento. Il mio sogno? Coltivare e mantenere vivo l’entusiasmo per la vita e per ogni sua piccola forma e manifestazione.