Una generazione spezzata, a cui si parla sempre di futuro e mai di presente. Poi basta voltarsi le spalle e si diventa subito grandi. Potrebbe essere questo, quasi con certezza, il destino dei giovani in Italia e della generazione Z, ovvero quella nata dal 2000 in su.
Spesso lo Stato sembra pensare poco ai più giovani. Secondo molte stime di vari istituti di ricerca economico-finanziaria i giovani di oggi hanno un profilo capitalistico molto debole e non riescono a replicare il successo economico dei propri nonni o dei propri genitori.
Attualmente resta sempre stabile al 32% il tasso di disoccupazione in Italia per la fascia dei giovani, quasi uno su tre. Il livello peggiore dopo la Spagna, almeno per la classifica dei paesi appartenenti all’Ocse (Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico). Dei numeri che dovrebbero far preoccupare le istituzioni sul futuro del paese.
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Inoltre sempre per lo studio Ocse i giovani che lavorano non solo gaudagnano poco rispetto alle generazioni precedenti, ma non ha neanche la stessa possibilità di accumulare beni e ricchezze. A rallentare i giovani in tutto il mondo, ma in particolar modo in Italia, sono anche gli stipendi più bassi, il lavoro molto precario, un welfare più debole e la richiesta di una formazione sempre più specializzata.
Tutti questi elementi hanno reso i giovani d’oggi sempre meno capaci di rendersi indipendenti dai propri genitori. Facendo una fotografia dal sapore amaro, in media i giovani italiani escono da casa dei genitori a circa 30 anni. Ben 12 in più della media in Svezia.