Suor Monia Alfieri, 45 anni, è una delle personalità più importanti che si battono per il diritto all’istruzione. Interviste televisive, collegamenti, podcast: Suor Monia spopola grazie alla sua passione e semplicità. Paladina delle pari opportunità nello studio, ha portato avanti la battaglia di scelta educativa dei genitori. Tra i quindici Ambrogini d’ oro consegnati lo scorso dicembre dal comune di Milano c’è stato anche quello per lei! L’Ambrogino d’oro è un premio che il comune di Milano conferisce ai cittadini che si sono distinti per la loro opera a favore della collettività.
Oggi Suor Monia Alfieri incarna il bisogno dei tanti studenti che nella DAD hanno visto distrutti i loro rapporti sociali e le loro ambizioni. Nella nostra chiacchierata, ho avuto modo di chiedere a Suor Monia il suo punto di vista sulla chiusura delle scuole e sul bisogno di affiancare sempre la libertà alla sicurezza.
Perché Suor Monia è così popolare?
«Io credo molto negli ideali e l’ho fatto sin dal periodo dell’università, seguendo grandi maestri come G. Falcone, P. Borsellino, A. Moro, Don Sturzo. Ciò che accumunava queste persone era l’idea di dedicare la propria vita ad un ideale che coniugasse impegno morale e impegno civile. Io stessa non mi rendo conto del motivo di questa popolarità. Il virus ha fatto sì che le persone semplici come me, come voi studenti, che pensano che la cultura sia una carta vincente per risolvere i problemi, siano emerse. Il Covid ha reso «nazional-popolare» la gente normale»
La scuola ha un aspetto sociale?
«Sì, la scuola è innanzitutto sapere, conoscere e apprendere, non solo nozioni, ma anche la vita pratica. Quindi, non si può giocare se non nell’incontro. Altrimenti avremo ragazzi che avranno imparato i contenuti, ma saranno dei dissociati sociali. Il problema è molto grave: studio significa emancipazione. L’emancipazione rende i cittadini non sudditi, ma soggetti pensanti e non facilmente gestibili. Se io voglio avere dei cittadini sudditi abbasso il livello culturale. Dopodiché li isolo, impedendo loro di riunirsi e di prendere coscienza del fenomeno.»
Sono stati fatti degli errori nella lotta al virus?
«Bisogna essere onesti: analizzare il problema è fondamentale per trovare le soluzioni. È necessario chiedersi cosa non abbia funzionato. Uno degli errori è stata la perdita di tempo, tra dirette e banchi a rotelle, con il risultato che la scuola non è mai completamente ripartita. Questo, perché la scuola viene vista come un contenitore e non come un luogo di confronto e di formazione.»
C’è un punto di equilibrio tra sicurezza e libertà?
«Sì, è la responsabilità. In una democrazia bisogna agire molto sulla libertà. La libertà muove le responsabilità nel lungo periodo, al contrario di ciò che avviene se si agisce per costrizioni. Agendo per costrizione si può rischiare che sfugga la macchina dalle mani. Quando guidi, se tieni il volante fermo per troppo tempo, vai a sbattere. Quindi devi essere morbido e devi seguire la carreggiata. Agire con la leva della costrizione comporta un senso di confusione e incapacità di gestire gli eventi.»
È normale che le università siano chiuse?
«Durante il periodo delle Brigate Rosse, le università erano un luogo davvero pericoloso, dove si saltava per aria. Tuttavia i ragazzi andavano proprio perché sapevano che è grazie al confronto che si può uscire da situazioni difficili. Dovremmo davvero imparare a convivere con le disgrazie o le malattie, perché non possiamo pensare di vivere in una bolla di vetro che ci protegga da tutto. Dovremmo iniziare con le riaperture, educando la gente a convivere con le norme di contenimento e misure di sicurezza.»
Il nostro incontro virtuale ha rafforzato in me l’idea che non possiamo appaltare le nostre più basilari libertà, in cambio di una falsa sicurezza. Mai come in questo momento storico è necessario avere un proprio senso critico, dando un nostro personale contributo alla società. Lo fa Suor Monia con le sue interviste; lo faccio io, in modo più basico, cercando di diffondere il mio pensiero e spero lo faccia ogni ragazzo/a combattendo ogni giorno per la propria idea.