Un ritratto generale sul mondo dell’Università: con punti di pregio e negatività del sistema. È questo quello che viene fuori dall'”Indagine conoscitiva sulla condizione studentesca e il precariato nella ricerca universitaria”. Un dossier corposo di quasi 200 pagine redatto dalla commissione Cultura del Senato, in collaborazione con i dati forniti dai docenti.
Il resoconto è stato presentato dal relatore, il senatore Francesco Verducci, alla presenza, tra gli altri, della ministra dell’Università e della Ricerca, Maria Cristina Messa. Nell’università italiana i prof con almeno 50 anni d’età sembrano essere più della metà. Il 55,6% del totale. La quota più elevata in assoluto tra i Paesi dell’Ocse, ovvero quelli industrializzati.
Volendo restringere il paragone ai principali stati dell’Unione europea, in Germania questo rapporto è pari al 26,9%, in Olanda al 32,7%, nel Regno unito al 40,3%, in Spagna al 44,2% e in Portogallo al 44,5%.
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La denuncia: “Troppi iscritti ma pochi laureati”
Di contro, i docenti con meno di 30 anni sono lo 0,8% del totale. Siamo penultimi, davanti solo alla Slovenia. In Spagna la percentuale è del 4%, in Portogallo del 3,8. Sul fronte degli studenti, in Italia la percentuale di persone in possesso di una laurea è significativamente inferiore (pari al 28%) rispetto a quello della media Ocse (45%): quasi il doppio.
Secondo gli estensori dell’Indagine questo “suggerisce una minore capacità del sistema universitario e post-universitario di attrarre giovani e di assicurare il completamento del percorso formativo”. E mentre altrove la correlazione tra livello di istruzione e tasso di occupazione è accentuata, in Italia il rapporto è più allentato. Se i laureati sono pochi, gli studenti universitari rispetto ai loro docenti sono molti: in Italia il rapporto è del 20,3, superiore a Germania (12), Spagna (12,3), Portogallo (14,3), Regno Unito (15,4) e Francia (16,8); inferiore al Belgio.