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La laurea è un pezzo di carta?


Vi ricordate? Qualche anno fa si polemizzava tanto sul famoso “pezzo di carta”. La laurea, che in fondo non serviva poi a molto. Anzi, il problema era un altro: “Tutti, troppi all’università”. Col rischio che il titolo perdesse valore causa inflazione di ragazze e ragazzi in cerca di un’occupazione coerente col proprio percorso di studio. Una tesi fallimentare.

Ma prendere la laurea serve? Numerose indagini cercano una risposta alla domanda che molti studenti si pongono dopo il conseguimento del diploma.

A darci una mano – e a raccontarci come bisognerebbe pensare prima di parlare per maledire un surplus formativo – è Almalaurea. Il consorzio che raccoglie 72 atenei e copre il 90% dei laureati italiani racconta che solo il 30% dei giovani 19enni si iscrive all’università. Spesso la fetta proveniente dalle famiglie più agiate.

E l’altro 70%? Niente, s’arrangia. Questo perché manca una seria politica del diritto allo studio – forse uno degli aspetti costituzionali più calpestati – e ovviamente la crisi ha fatto il resto.

Ecco perché quello sciocco refrain che ricordavamo in apertura non ha alcun senso nella realtà: “Come mostrano le indagini del Consorzio, che da oltre vent’anni si occupa di formazione universitaria, i laureati continuano a godere di vantaggi occupazionali rispetto ai diplomati e a chi è in possesso di un titolo di scuola dell’obbligo, sia nell’arco della vita lavorativa sia e ancor più nelle fasi congiunturali negative come quella attuale” racconta Andrea Cammelli, direttore di Almalaurea.

Qualche numero? Prendiamo la laurea magistrale, la seconda cifra del meccanismo 3+2. Nel 2019, a un anno dal conseguimento del titolo, il tasso di occupazione era del 70%, i disoccupati erano invece il 23% (dato che si abbassa al 12,5% se si guarda al complesso dei laureati). Dati buoni in termini assoluti, soprattutto in una congiuntura simile, ma certo peggiorati rispetto a precedenti rilevazioni, come dimostra anche una recente indagine dell’università di Torino. Basti raffrontarli alle cifre del 2008, l’ultimo anno prima della tempesta: il tasso di occupazione a 12 mesi era all’81% e quello di disoccupazione al 21%.

Ovviamente, allontanandosi dalla laurea gli occupati salgono, toccando l’82% a tre anni dal brindisi e l’87% a cinque. Così come, questo un dato interessante e un messaggio da passare, conviene darsi da fare mentre si studia: i laureati che non erano occupati al momento del conseguimento della magistrale hanno ovviamente avuto più difficoltà una volta licenziati dall’università. Insomma, il biennio si configura sempre più – non tanto nei programmi, che pure spingono sempre più su tirocini e stage, quanto nella pratica – come il vero periodo da sfruttare per (tentare di) lanciarsi nel mondo del lavoro in quel caso sì, senza aspettare il pezzo di carta.

Ogni studente si è sentito dire almeno una volta che conseguire una laurea è un’inutile perdita di tempo ed energie.

Che tale perla d’ingegno provenga da un amico, uno zio, un vicino di casa o una “persona informata” su Facebook, l’indignazione dello studente non cambia. Soprattutto se nel frattempo ci si districa tra dosi di caffè e pianti notturni su montagne di libri.

Questa insinuazione è intuitivamente sbagliata, ma non altrettanto semplice da demolire. Certo, ci si può appellare alla cultura come antidoto all’ignoranza. O al valore intrinseco del sapere. Ma state certi che queste osservazioni non cancelleranno lo scetticismo del nostro amico “laureato all’Università della Vita”.

Al di là di valutazioni filosofiche, i dati parlano chiaro.

Come riportato dal libro “Dall’Università al Lavoro: scegli cosa studiare per costruire il tuo futuro”, avere una laurea paga, eccome. Riportiamo qui una serie di fatti eloquenti che convinceranno chiunque.

  1. I laureati hanno un tasso di occupazione più elevato

Quasi l’80% dei laureati sono occupati. Tra chi è solamente in possesso di un diploma gli occupati ammontano a circa il 60%. Uno scarto del 20% non sembra poco e in effetti non lo è. [Figura 1 – Fonte: ISTAT]

  1. Con la laurea si guadagna di più. Già da giovani

In media, una laurea assicura uno stipendio più alto. E questo già tra i giovanissimi (dai 15 ai 24 anni). Per questa fascia d’età la differenza di stipendio tra i laureati e non è quasi del 10% in favore dei primi. I laureati guadagnano mediamente 22 mila euro all’anno, contro i 20 mila euro dei non laureati.

  1. Questo divario aumenta notevolmente con l’età

Lo scarto del punto 2. vi sembra poco? Non vi sorprenderà sapere che la differenza retributiva va allargandosi sempre più con l’aumentare degli anni. Infatti si attesta al 75% in favore dei laureati tra 45 e 54 anni.

In questa fascia i laureati possono vantare uno stipendio in media sui 45 mila euro contro quello appena superiore ai 25 mila euro dei loro coetanei diplomati. Il tasso di crescita salariale è molto più consistente per chi quindi “perde qualche anno” per conseguire l’agognato titolo. [Figura 2 – Fonte: Jobpricing]

  1. Un trend universale

I dati qui presentati si riferiscono all’Italia. Si tratta comunque di figure non troppo lontane da quelle che riguardano le altre nazioni. Questo dimostra ancora una volta l’esistenza di una forte correlazione tra il possesso di un titolo di laurea e tassi più elevati di occupazione e retribuzione.

Ecco alcune tra le tante argomentazioni pratiche da opporre all’argomento dell’inutilità. Forse aiuteranno qualche studente ad avere il cuore più leggero, tra una sessione d’esame e l’altra. E forse faranno cambiare idea a un neodiplomato che ritiene che la laurea non faccia per lui. Del resto, chi ha optato per questo percorso conosce bene la posta in gioco.

Scrive così Khalil Gibran, scrittore libanese: “amare la vita attraverso la fatica è penetrarne il segreto più profondo”. Ci penso mentre bevo la terza tazzina di caffè.

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