Dentro la mia facoltà, c’è vuoto e disordine.
Il bianco dei muri, il silenzio quasi composto e rispettoso ad un monumento funebre.
Un corridoio tetro con un tetto così mal ridotto, che mi ricorda immagini di palazzi a Pripyat, una città fantasma a 3 km da Černobyl’.
Faccio un esame in una stanza che assomiglia più ad una portineria di un condominio.
Il cestino della spazzatura stracolmo, polvere ovunque, una libreria fatiscente e delle stampanti d’annata, esposte per terra, prive d’utilità, da fare invidia a qualche museo d’arte contemporanea, a qualche astrattista.
Il mio esame, il professore, la sua materia, il mio corso di laurea, l’università, andiamo verso la più antidolorifica direzione, verso un buco nero, per scomparire per sempre.
I tagli, la mannaia che affetta l’università e la ricerca, crea sempre di più luoghi privi di cultura, valori e partecipazione.
Luoghi esautorati.
Una Černobyl’culturale.
E quel professore, che in quel vuoto ancora illumina le coscienze, e non abbandona la barca Italia per qualche «appetitosa» meta accademica al di là delle Alpi, risveglia in me la speranza che qualcosa un giorno possa cambiare.
Parole vere che si estendono a tante altre facoltà dell’Università degli studi di Palermo. E cosa ancora peggiore che non sempre trovi quel professore che risveglia la speranza IN UN CAMBIAMENTO. Purtroppo la vera crisi oltre ad essere quella economica è quella culturale; ormai questo lungo periodo di tagli, questa situazione occupazionale disastrosa, hanno portato anche ad un decadimento generale della stessa dignità dello studio. I tanti studenti che come me ogni giorno affollano le aule universitarie sembrano essere rassegnati a questo degrado, a questa deriva che non so dove ci porterà. La rinascita dell’università deve iniziare dal basso, ognuno deve fare la sua parte per ridare dingnità ad un luogo importante al di là dei tagli economici e delle scelte politiche degli ultimi 20 anni che aimè non hanno mai dato valore alla Università pubblica.