Kabul da pochi giorni è in mano ai telebani. Ma il fronte universitario è subito entrato in azione, in primis le donne. Uno dei gruppi più forti, anche se poco numeroso, è quello formato dalle studentesse femministe dell’Università di Kabul. Le loro azioni sono abbastanza semplici, ma fondamentali in queste ore così caotiche: tra distribuzioni di burqa e assorbenti a chi ne ha bisogno e ha paura della furia talebana.
Proprio una giovane attivista italiana, Antonella, collaboratrice della ‘Casa delle Donne’ di Milano, si sta tenendo in contatto con una delle studentesse di Kabul. “Vive nella periferia della capitale con la sua famiglia. Ha 26 anni ed è iscritta a Scienze Politiche. Ha creato nell’università un nucleo femminista che ha come modelli i movimenti europei e americani ma anche la Rawa, l’organizzazione afghana nata negli anni Settanta che ha come obbiettivo la tutela dei diritti delle donne”. Così racconta Antonella all’agenzia Agi.
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Le universitarie afgane fanno resistenza: “Lotteremo per la libertà, non abbandonateci”
Uno dei primi luoghi occupati dai telebani è stata l’Università, con i suoi simboli di impegno, libertà e resistenza che di certo incutono terrore a chi non li pratica. “La mia amica mantiene il contatto con le altre femministe che vivono nel suo quartiere – prosegue la coetanea italiana -. Esce pochissimo, anche perché è in vigore l’ordinanza che vieta di uscire di casa alle donne senza essere accompagnate da un uomo di famiglia. I suoi genitori sono entrati in contatto con associazioni che stanno provando a organizzare dei corridoi umanitari. Mi riferisce anche di piccole insorgenze a cui lei per ora non partecipa perché ha timore di essere nel mirino per i suoi contatti con realtà occidentali, come la Casa delle Donne”.
Un filo che legale le due amiche da Kabul a Milano. Tanti chilometri di distanza, che cercano di assottigliarsi grazie a messaggi carichi di speranza. Le studentesse afgane stanno facendo di tutto per ritornare all’Università, per loro dimora di libertà. “In questi anni l’ateneo è diventato molto internazionale perché tanti studenti hanno fatto esperienze all’estero e ora rischia di tornare indietro di 20 anni. Ma dai messaggi che mi manda sento più ancora che il terrore la forza e la voglia di resistere“.