Si è svolta ieri, presso la Sala Gialla del Palazzo dei Normanni, l’iniziativa La Sicilia e i giovani: un piano per far ripartire il lavoro organizzata dalle Associazioni studentesche Udu Palermo, Rum – Rete Universitaria Mediterranea, Giovani Non+ disposti a tutto Sicilia, Giosef Italy, Rete degli studenti medi Sicilia in collaborazione con Cgi Sicilia.
Al centro dell’iniziativa i giovani e il lavoro in uno scenario, il Sud Italia, che ha molto risentito della crisi e di politiche economiche e governative inadeguate che hanno causato una forte contrazione dell’offerta lavorativa creando alti tassi di disoccupazione.
È proprio questa la sfida dell’incontro: ci si interroga sulla domanda “Come fare ripartire il futuro in Sicilia dai giovani?”
Difficoltà di trovare un impiego, precarietà dei contratti di lavoro che nella maggior parte dei casi non rispettano le condizioni contrattuali indicate dal Contratto Nazionale del Lavoro e si risolvono in contratti di sfruttamento che non tengono conto della flessibilità e non ultima la distanza tra il mondo accademico e il mondo del lavoro rendono impossibile ai giovani siciliani la possibilità di mettere in pratica le conoscenze acquisite durante il periodo di formazione scolastico e universitario.
Un problema che viene sollevato ripetutamente e da diversi anni da studenti, Associazioni universitari, giovani laureati e dalla stessa Cgil. Ferruccio Donato, Segretario Cgil Sicilia, si sofferma sulla crisi mondiale che ha acuito un problema già complesso, per uscire dalla crisi è necessario investire sul lavoro e quindi sulla produzione con scelte precise da parte dei governi in ambito industriale che mirino a valorizzare il lavoro e a non lasciare il mercato libero di autoregolarsi spostando, come è accaduto negli ultimi anni, il profitto in ambito finanziario ed economico. Uscire dalla crisi si può, attraverso la cultura del lavoro e della sua versatilità, valorizzando allo stesso le peculiarità dell’Italia, partendo dalla sua posizione geografica e dal suo patrimonio culturale; qualcosa che allo stesso tempo dovrebbe fare l’Università aprendosi alla realtà del Mediterraneo nell’ambito dello scambio dei saperi, motore di sviluppo.
Questo significa essere competitivi: investire sulle proprie risorse, massimizzare l’apporto umano alla creazione del valore tramite il lavoro, riorganizzare l’intervento pubblico al fine di garantire valori essenziali universali e, parole chiave dell’evento, rilanciare la ricerca e l’istruzione, valori fondanti della ripresa economica.
Eppure la situazione reale sembra abbastanza lontana da quella prospettata. Le imprese credono bene che per diventare maggiormente competitive sia necessario abbassare il livello salariale causando di conseguenza disoccupazione e contrazione delle possibilità d’acquisto degli stessi lavoratori che finiscono per risparmiare e non alimentare il mercato interno. Il tasso di disoccupazione giovanile è in continuo aumento, fino ad arrivare alle volte a toccare anche il 50%, e i Neet, giovani che non lavorano e non sono inseriti in percorsi di formazione, rappresentano un’alta percentuale delle popolazione tra i 15 e i 29 anni.
I dati crescono drammaticamente nel Mezzogiorno in cui secondo il rapporto “L’Economia della Sicilia”, pubblicato da Banca d’Italia a giugno 2011, il numero dei Neet aumenta con elevate probabilità di rimanervi per lungo tempo. A ciò si aggiunge la fuga e lo sfruttamento dei cervelli, causato dall’assenza di prospettive lavorative e dalla precarietà delle condizioni contrattuali che prospettano contratti di collaborazione o a tempo determinato, nella migliore delle ipotesi, con retribuzioni sempre più basse. Quanto all’istruzione, il tasso di dispersione scolastica è molto alto in Sicilia, molte scuole non rispettano le norme di sicurezza rendendo spesso i luoghi del sapere dei posti poco dignitosi per studenti e insegnanti. L’Università dal suo canto, aumenta le tasse per far fronte ai sempre minori finanziamenti e alza i livelli di selezione per l’ingresso all’istruzione accademica attraverso il numero programmato.
Il mondo universitario non è connesso al mondo del lavoro; molto spesso si forma personale qualificato che fuggendo dalla realtà siciliana andrà ad incrementare la ricchezza di altre regioni. Borse di studio anch’esse in diminuzione e tirocini non retribuiti, spesso sinonimi di sfruttamento o di mancato percorso formativo. Certamente non si può parlare di un investimento nella cultura relativamente alle scelte operate nel campo dell’istruzione; l’istruzione attraverso cui la ripresa dovrebbe manifestarsi.
In questo scenario infelice si inserisce il pacchetto di misure proposte dalla Cgil e illustrato da Andrea Gattuso per favorire l’assunzione dei giovani, soprattutto in Sicilia, intervenendo sul sistema del diritto allo studio, attualmente sottofinanziato. Tra i punti della proposta, l’istituzione di un fondo per i giovani e l’attuazione a livello regionale del Piano Barca per l’utilizzo dei fondi comunitari a favore dei giovani in ambito formativo e imprenditoriale. Importante è la remunerazione dello stage, per qualificare il lavoro e porre fine allo sfruttamento della manodopera. Una proposta, quella di una legge regionale per regolare lo stage in Sicilia, che ha già ricevuto 12.000 firme a sostegno.
Segnali di cambiamento positivo provengono dall’Assessorato all’Istruzione e alla Formazione della Regione Siciliana in cui l’assessore Nelli Scilabra sta lavorando per risolvere i problemi critici del mondo giovanile siciliano. È stato ripreso e ripresentato il Piano Barca; in materia di stage, si vuole avanzare una proposta che renda possibile lo stage remunerato presso la Pubblica Amministrazione prendendo le risorse per il rimborso degli stagisti dal Piano Barca; le borse di studio vanno incrementate, come è stato già fatto quest’anno aumentando di 1,8 milioni di euro il fondo per arrivare alla cifra attuale di 16.800.000 euro. Il progetto dell’assessore Scilabra vuole “scoperchiare e ribaltare un sistema incancrenito le cui logiche non guardano al futuro dei giovani e mai lo hanno fatto”. Per fare ciò è necessario pensare sia al mondo universitario che a quello dell’istruzione scolastica creando due distinte leggi sul diritto allo studio che diano dignità alla scuola siciliana.
«Tavoli con composizione paritetica» afferma Nelli Scilabra, sono in fase di composizione secondo un criterio che faccia confrontare allo stesso tavolo studenti, docenti, pubblica amministrazione e sindacati per l’elaborazione delle due proposte di legge. Un novità, infine, riguarda le borse di studio per laureati che intendono fare studi all’estero, la sovvenzione globale, custodita segretamente dal vecchio governo regionale e non diffusa, ma è bastato un tweet della stessa Scilabra per rendere nota la misura e avere un boom di giovani interessati che hanno presentato domanda.
Coworking, valorizzazione delle esperienze, percorsi formativi speciali per giovani che non intendono frequentare l’università ma immettersi subito nel mondo del lavoro e la creazione di una formazione legata al mondo del lavoro e altamente competitiva: queste sono le scommesse lanciate dal nuovo Assessorato all’Istruzione e alla Formazione regionale, che apre le porte alle idee dei giovani «Quante volte hanno detto il futuro è dei giovani? Dobbiamo capire che il presente è dei giovani e che ce lo stiamo prendendo» afferma Nelli Scilabra.
Un lungo dibattito ha chiuso i lavori. Diverse le domande poste dai rappresentanti delle Associazioni promotrici dell’iniziativa e dagli studenti ai relatori, in particolare a Corradino Mineo – capolista del Pd al Senato, Francesco Forgione – candidato al Senato di Sel, Mariella Maggio – Vice Presidente della Commissione lavoro all’Ars e all’Assessore Nelli Scilabra.
Tra le domande poste dai giovani, la necessità di una riforma che non tagli i fondi all’università e dia nuovi finanziamenti alla ricerca, la necessità di garantire il diritto allo studio invertendo l’attuale trend negativo di riforme e proposte di legge, la regolarizzazione del praticantato, il miglioramento delle strutture scolastiche, la necessità di rivedere i piani di studio dei corsi di laurea per frenare il numero degli studenti fuori corso, l’importanza di misure che favoriscano la mobilità positiva che prevede il ritorno del giovane, arricchito di nuove competenze da spendere nella sua terra al termine del periodo estero e la necessità di aprire nuovi spazi e favorire le imprese giovanili e le start up. Alcuni relatori attribuiscono la causa di alcuni problemi formativi sopra elencati al percorso accademico 3+2.
Il dibattito è ancora aperto, voi che cosa ne pensate?