La storia di Giuseppe
Vi raccontiamo la storia di Giuseppe Romano. Ha 90 anni ed è uno dei pochi lustrascarpe rimasti in Sicilia. Presta la sua opera di artigiano nel cuore della nostra regione, a Caltanissetta.
Quella del lustrascarpe è una figura storica, in voga nel dopoguerra quando portare stivali e scarpe sempre puliti e lucidati era simbolo di prestigio. I benestanti ostentavano lo splendore delle loro scarpe. Era la conquista dello status sociale per chi iniziava a rinascere, dopo la guerra.
Il lustrino nisseno
A Caltanissetta, si davano da fare soprattutto i ragazzini con questa attività. Istruiti dai genitori, imparavano a lucidare le scarpe per pochi centesimi. Nacquero così i lustrascarpe che a Napoli si chiamavano “sciuscià” e a Caltanissetta furono definiti “lustrini”. A metà degli anni ’40 i lustrini a Caltanissetta erano 32.
Di quei 32 due continuano a svolgere ancora oggi questo mestiere a distanza di oltre 70 anni. Sono Giuseppe e suo fratello Michele.
“Avevo 13 anni – racconta Giuseppe al quotidiano La Sicilia in un momento di pausa del suo lavoro – per cui è da 77 anni che lucido le scarpe dei miei concittadini. Prima erano tantissimi, tanto che anche mio fratello Michele accettò di seguire me che cominciavo a collaborare con nostro padre. Oggi io sono posizionato in corso Umberto, postazione che mantengo da oltre 60 anni, mentre mio fratello è a qualche centinaio di metri di distanza. “
Giuseppe racconta che facendo i lustrini hannopotuto mettere su famiglia e sostentare 4 figli. Oggi Giuseppe vive con sua figlia ed è rimasto vedovo, ma l’impegno quotidiano è quello di sempre.
Tutte le mattina prepara la sua postazione fatta di un seggiolone per il cliente, una cassetta da cui sporge una sagoma in ferro su cui il cliente poggia il piede, un ombrellone per proteggere dal sole o dalla pioggia, il suo sgabello e una cassetta con gli attrezzi. Che sono spazzole, lucido e anilina da utilizzare in base al colore delle scarpe da trattare.
Il lavoro di Giuseppe Romano da sempre si avolge all’aperto. Con il passare degli anni, l’unico accorgimento adottato è un pannello in legno che colloca alle sua spalle per ripararlo dal vento. Per il resto, tutto è come 77 anni fa, quando anche lui decise di intraprendere questo mestiere. «In quegli anni – ricorda Giuseppe – spesso la pelle delle scarpe era già passata sotto le abili mani dei ciabattini dell’epoca chiamati ad eliminare le crepe dell’usura, e a noi spettava il compito di lucidarle così bene da nascondere i rattoppi». E sul filo dei ricordi, il più grande dei fratelli Romano continua: «Durante la settimana lavoravamo soprattutto con i commercianti locali e gli impiegati, molti dei quali facevano addirittura l’abbonamento mensile e venivano da noi una o due volte a settimana. A calzare scarpe ben lucidate erano moltissimi nisseni, e noi facevamo a gara per farle brillare il più possibile».
Oggi il lavoro è cambiato, non è più come prima. Sul seggiolone della sua postazione si seggono sempre meno persone, mentre altri portano le scarpe da lucidare in una busta e il giorno dopo tornano a ritirarle ripulite e lucidate.
«Per lucidare un paio di scarpe – racconta il nostro lustrino nisseno – oggi chiediamo 3 euro, e il numero dei clienti si è notevolmente assottigliato. Colpa anche delle scarpe in tela o in camoscio, che un po’ tutti oggi calzano. Sono sempre meno infatti le persone che continuano a calzare scarpe tradizionali, in pelle, e anche loro non le curano come un tempo. Non abbiamo più i clienti settimanali. Vengono di tanto in tanto e a noi spetta il compito di “resuscitare” scarpe sempre più in… agonia».
Dopo tanti anni di lavoro Giuseppe non è ancora stanco. Tutte le mattine si reca nella sua postazione e svolge con passione immutata il lavoro che lo ha accompagnato da tutta la vita.
Giuseppe è diventato ormai un simbolo della città e molta gente gli è affezzionata sinceramente. Tanto che, nel giorno del suo compleanno, i suoi compaesani lo hanno festeggiato con una torta sulla quale era scritto “A Te che sei un pezzo di storia”. Cosa che gli ha fatto immenso piacere e che lo stimolerà a continuare in questo lavoro.
E forse è proprio questa che linfa vitale che ha permesso a Giuseppe di arrivare a 90 anni, in forma, arzillo e ancora pieno di entusiasmo. Una bella contraddizione vista in relazione allo stress e all’ansia e insoddisfazione che vivono molti lavoratori di oggi, soprattutto giovani. La felicità, del resto, sta nelle cose semplici.