Ferruccio de Bortoli fa un’analisi del mondo del lavoro con l’avvento del covid e parla di alcuni paradossi del deserto occupazionale che ha conseguito l’insorgere della pandemia.
Il primo è che i posti liberi sono aumentati. Le aziende incontrano ostacoli maggiori nel trovare i profili specializzati di cui hanno ancora più bisogno. Il secondo è che le persone in cerca di lavoro hanno persino un vantaggio competitivo.
Nella terribile incertezza creata dalla pandemia la propensione alla mobilità degli occupati è molto diminuita. Chi è disponibile subito ha meno concorrenza ammesso che abbia il profilo richiesto. Ma quando non dovesse averlo non è così difficile costruirselo in tempi ragionevoli.
La barriera invisibile di una riqualificazione è spesso ingigantita dalla scarsa tenuta psicologica e dalla immotivata perdita di autostima delle persone. O dalla rassegnazione lenita (o incoraggiata) da un ammortizzatore sociale che, quando c’è, si tende a credere infinito.
Lavoro: Tutti sono una risorsa, ma non lo sanno
Un Paese civile e solidale dovrebbe occuparsi di più anche dell’umore dei propri cittadini in difficoltà e dimostrare loro che con un discreto impegno personale si può sfuggire alla disoccupazione cronica. Tutti sono una risorsa. Nessuno è uno scarto.
Alcuni dati del pre-covid
Secondo l’osservatorio Excelsior, a cura di Unioncamere e Anpal, nel 2020 un’impresa su tre non riusciva a trovare le persone idonee a garantire 1,2 milioni di contratti di lavoro. Dal 2004 al 2019 il rapporto tra posti vacanti e disoccupazione, ha toccato il punto minimo dell’efficienza del mercato del lavoro in Italia. La ripresa post Covid rischia di essere frenata da questo incredibile paradosso se non si investirà adeguatamente sul miglioramento delle competenze. E’ necessario un piano di interventi a medio e lungo termine, che agisca su tutti i fattori causali non ultimo quello delle convenienze nascoste nel dire no a qualsiasi offerta.
Le competenze
Le competenze digitali sono ormai richieste in sei assunzioni su dieci e con la pandemia sono di fatto esplose insieme all’aumento delle richieste per il digital marketing e in generale per l’e-commerce. «In alcuni casi non è poi così difficile riqualificarsi sul piano digitale — commenta al Corriere Giuseppe Tripoli, segretario generale di Unioncamere — se si accetta di mettersi in gioco, di avere l’umiltà di seguire corsi di riqualificazione. Ma il problema vero è quello di pianificare lo sviluppo delle competenze lungo un arco temporale sufficientemente lungo, orientando le scelte scolastiche, valorizzando anche sul piano della riconoscibilità sociale l’istruzione tecnica e professionale. L’Italia è fatta di tante, tantissime microaziende. ».
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Lavoro: Il Covid porta la necessità di sapersi reinventare
Da un’indagine di Umana e Fondazione Nord Est sugli effetti della pandemia sul mercato del lavoro emerge la crescente importanza delle abilità trasversali, cioè profili che sappiano «gestire situazioni nuove problemi nuovi e imprevisti». L’80,8% degli imprenditori del turismo prevede di licenziare; il 65,2% nei settori dell’abbigliamento, calzature, tessile; il 53,7% nel commercio.
Al contrario, assumono e molto più del previsto il 78,2% delle aziende farmaceutiche; il 72,3% della filiera della sanità; il 46,3% della logistica. «Quello che noi notiamo — precisa Raffaella Caprioglio, presidente di Umana — è che non c’è la depressione di altri momenti di crisi. La voglia di riprendersi, di riscattarsi, è tantissima. Nei settori meno colpiti si investe e si programma di più. Si cercano ingegneri meccanici, meccatronici, informatici ma anche magazzinieri, carrellisti, operatori dei banchi dei supermercati, autisti. Le politiche attive saranno la chiave indispensabile della ripresa. L’importante è l’analisi delle competenze, sapere da dove si parte, che cosa serve, altrimenti la formazione è inutile. Bisogna sapersi reinventare, avere il coraggio di accettare nuove sfide. ».
All’estero
In altri Paesi, in Francia, Belgio, Finlandia per esempio, l’offerta ai lavoratori licenziati o in mobilità di corsi di formazione, con una garanzia di outplacement, è obbligatoria. Da noi no. L’80% delle persone, anche nella nostra attività in Italia, ha un altro contratto in sei mesi. Questa percentuale non è diminuita con la crisi pandemica, si è solo allungato di qualche settimana il tempo necessario. E gli over 50, tanto per smentire una vulgata sui meno giovani, non hanno maggiori difficoltà di ricollocazione. Ognuno ha un piccolo o grande brand personale. E può sempre farlo valere».