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Le donne a capo di una rete di spaccio di droga: 14 arresti tra Palermo, Carini e Misilmeri


I carabinieri hanno sgominato nella notte un’organizzazione dedita alla coltivazione e allo spaccio di droga nei comuni di Palermo, Carini e Misilmeri. Sono 14 ordinanze di custodia cautelare eseguite (7 in carcere e 7 ai domiciliari) a carico di altrettanti indagati. Gli arrestati sono accusati di associazione per delinquere finalizzata al traffico di stupefacenti, spaccio e detenzione ai fini di spaccio. Inoltre sono accusati di detenzione abusiva di arma comune da sparo, detenzione di arma clandestina e ricettazione. Il provvedimento è stato emesso dal gip di Palermo su richiesta della locale Direzione distrettuale antimafia.

Droga, 14 arresti tra Palermo, Carini e Misilmeri

L’indagine, denominata ‘Arcobaleno’ e diretta dal procuratore aggiunto Salvatore De Luca, è scattata dopo l’arresto, il 27 agosto 2018, di uno degli indagati per una rapina ai danni di un bar-tabacchi a Carini (Palermo).

Subito dopo il colpo, nell’abitazione dell’uomo i carabinieri hanno trovato 37 grammi di cocaina, 4.975 euro in denaro e una pistola calibro 38 con munizionamento.

Grazie ad attività tecniche e servizi di osservazione e pedinamento andati avanti sino ad aprile 2019, gli investigatori dell’Arma hanno fatto luce sulla struttura. Sequestrate tre piantagioni di marijuana, tre pistole, una pistola lanciarazzi calibro 22 marca ‘Bruni’ e una pistola a tamburo. Armi utilizzate dal gruppo per le rapine agli esercizi commerciali.

Droga tra Palermo, Carini e Misilmeri: a capo dell’organizzazione c’erano le mogli

Gli investigatori dell’Arma hanno accertato “uno stabile concorso degli indagati nelle attività illecite poste in essere, con una precisa divisione di compiti e ruoli tali da configurare specifiche responsabilità sotto il profilo associativo”.

A partire dall’ottobre del 2018, spiegano i carabinieri, è stato possibile assistere a un cambiamento nella struttura di vertice dell’associazione. Dopo l’arresto di alcuni indagati, infatti, le redini dell’organizzazione erano passate in mano alle mogli che avevano preso il posto dei mariti finiti in manette. 

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