Mondello si prepara a dire addio ad un grosso pezzo della sua storia. Il Baretto, infatti, chiuderà dopo 63 anni a per via di un contenzioso tra Comune di Palermo e la società Italo Belga sul possesso e la gestione di tutti i chioschi. Secondo Palazzo delle Aquile si tratta di beni di proprietà demaniale mentre per l’Italo Belga la proprietà sarebbe privata.
La famiglia Schillaci – come riporta Gds.it – ha ricevuto nel 1957 la concessione del chiosco da parte dell’amministrazione comunale e sempre il Comune qualche anno dopo, con delibera del 1963, ha affidato la manutenzione della passeggiata del lungomare di viale regina Elena alla società Italo Belga.
La sentenza di primo e secondo grado aveva dato ragione alla Italo Belga. Dieci anni fa la Corte d’appello aveva però accolto l’opposizione presentata dal Comune di Palermo e così la famiglia Schillaci aveva potuto continuare la propria attività, “ma lo scorso 19 marzo, a fine processo, il nuovo presidente che è subentrato ha dichiarato inammissibile l’opposizione dell’amministrazione comunale, specificando che non si doveva intromettere tra due enti privati, ovvero io e la società italo belga”, dichiara l’attuale gestore Vincenzo Schillaci.
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Il Comune ha quindi fatto ricorso in Cassazione ma “ha presentato in ritardo la sospensiva dell’esecuzione e così l’Italo Belga può mettere in atto l’esecuzione di sfratto che sarà lunedì prossimo”. “La proprietà del chiosco è del Comune di Palermo – afferma ancora Schillaci -. La società Italo Belga, in funzione della delibera comunale del ’63 e della decisione della Corte d’Appello, è autorizzata ad affittare i chioschi. Il Comune deve revocare la delibera del ’63”.
“Io inviterei il sindaco Orlando a consegnare lui le chiavi dell’attività: è il Comune il vero proprietario del chiosco, io sono solo un soggetto terzo. Dopo 63 anni, la città di Palermo e la borgata marinara di Mondello perdono un’altra storica attività. Il Comune ha presentato ricorso in Cassazione per tutelare il patrimonio e adesso sta chiedendo la sospensiva, anche se in ritardo. Dieci anni fa – conclude Schillaci a Gds.it – la corte d’appello ha accolto l’opposizione di terzo, dopo 10 anni il nuovo giudice dichiara che non che non è ammissibile. Come è possibile sovvertire la prima interpretazione?”.