Era il 25 dicembre del 1914
C’era la guerra in corso. Nelle Fiandre, in diversi punti lungo la linea del fronte occidentale, alcuni soldati tedeschi, britannici e francesi lasciano la trincea e attraversano le linee, mettendo in atto un “cessate il fuoco” spontaneo, non ufficiale e autorizzato.
Pian piano iniziano a fraternizzare: «Voi non sparate, noi non spariamo» e si stringono le mani l’un l’altro. Anche se erano in guerra.
Alcune testimonianze affermano che siano stati i tedeschi a iniziare, intonando canti natalizi e addobbando con scarni alberelli di Natale le loro trincee. I soldati si incontrano nella terra di nessuno per fraternizzare, scambiarsi cibo, doni e souvenir.
Oltre a celebrare comuni cerimonie religiose e di sepoltura dei caduti, i soldati dei due schieramenti intrattennero rapporti amichevoli tra di loro al punto di organizzare improvvisate partite di calcio.
La tregua di Natale ai tempi della guerra
L’evento non passò inosservato. Anche se ma ci fu una sorta di autocensura fino al 31 dicembre 1914, quando il The New York Times raccontò l’accaduto. I giornali britannici seguirono questo esempio e nei primi giorni del 1915 riportano numerosi resoconti in prima persona degli stessi soldati che raccontavano nelle lettere spedite alle loro famiglie.
La tregua venne vista come un gesto miracoloso e positivo.
Solo in Germania nessuna immagine dell’evento fu pubblicata.
Un Natale diverso quello che si sta per concludere, anche per noi..
A distanza di cento anni da quel giorno, ci ritroviamo a vivere un Natale diverso.
È un Natale insolito, soprattutto per noi Siciliani, amanti della confusione e della condivisione.
Dobbiamo stare distanti ma forse questo ci ha portato ad allontanarci ancora di più dalle persone.
In un periodo dove ci siamo dimenticati di amare ed essere solidali, come fosse un’azione secondaria, in un periodo dove abbiamo chiuso il nostro cuore, non soltanto le nostre case, e non riusciamo più a tendere la mano al prossimo per aiutarlo, ci farebbe bene ricordarci di questo episodio.
In un periodo che ancor di più ha accentuato quelle diversità che tanto ci dividono, ci farebbe bene tornare ad aprire il nostro cuore agli altri, tendere la mano al prossimo e non dimenticarci mai che apparteniamo tutti alla stessa razza, alla stessa nazionalità: quella umana.