Il 17 maggio si celebra la Giornata internazionale contro l’omofobia, la bifobia e la transfobia
La Giornata internazionale contro l’omofobia, la bifobia e la transfobia (o IDAHOBIT, acronimo di International Day Against Homophobia, Biphobia and Transphobia) è una ricorrenza promossa dal Comitato Internazionale per la Giornata contro l’Omofobia e la Transfobia e riconosciuta dall’Unione Europea e dalle Nazioni Unite. Ogni anno, dal 2004, il 17 maggio è una ricorrenza fondamentale per la comunità LGBTI. Si tratta di una giornata all’insegna di iniziative, incontri e manifestazioni con lo scopo di accrescere la consapevolezza e di sensibilizzare l’opinione pubblica sulle discriminazioni che colpiscono il mondo LGBTI.
Giornata internazionale contro l’omofobia: perché il 17 maggio
La scelta della data non è casuale. Essa ricorda la storica decisione di rimuovere l’omosessualità dalla lista delle malattie mentali pubblicata dall’OMS (Organizzazione Mondiale della Salute). Era il 1990 ed oggi, a distanza di trentuno anni, in Italia si discute ancora per l’approvazione del ddl Zan. Ieri a Palermo in centinaia sono scesi in piazza per dire stop alle discriminazioni e per sollecitare l’approvazione del disegno di legge. La Giornata internazionale contro l’omofobia viene celebrata in 130 paesi di tutto il mondo, ma questo dato non è confortante. Infatti ci sono oltre 70 paesi in cui ancora le relazioni omosessuali sono illegali e in circa 10 di questi paesi la punizione potrebbe essere la morte. Si stima che il 70% della popolazione mondiale viva secondo leggi e regolamenti che limitano la libertà di espressione riguardo all’orientamento sessuale e all’identità di genere.
Alcuni dati raccolti da GayHelpLine.it
Circa 50 richieste d’aiuto al giorno, fra chat e telefonate. In media 20mila all’anno. Il 60% provengono da giovani in età fra i 13 e i 27 anni. Sempre fra i giovani, uno su due ha subito moderati o gravi problemi in famiglia in seguito al proprio coming out. La percentuale sale al 70% se si tratta di rivelare l’identità di genere. Il 36% dei minorenni è stato represso: reclusione all’interno delle mura domestiche, tentativi di conversione, violenza verbale e fisica. Il 17% dei maggiorenni ha invece perso sostegno economico da parte della famiglia. Sono i dati raccolti da GayHelpLine.it, il contact center nazionale antiomofobia e antitransfobia per persone gay, lesbiche, bisex e trans gestito dal Gay Center.
Storie italiane di omofobia e discriminazione
Di recente ha fatto scalpore la storia di Malika Chalhy, una ragazza di 22 anni residente a Castelfiorentino, in Toscana, che lo scorso gennaio è stata cacciata di casa dai genitori dopo aver fatto coming out confessando di essere lesbica. Ma di storie come quella di Malika ce ne sono tantissime. Rimanendo sul suolo siciliano invece non possiamo dimenticare la storia di Francesca, giovane palermitana che dopo anni ha deciso di raccontare i raccapriccianti avvenimenti ed abusi subiti dal padre quando, all’età di 15 anni, aveva confessato alla famiglia di essere lesbica. Dopo aver abbandonato la propria abitazione natale, Francesca ha vissuto in una comunità protetta per diverso tempo e successivamente ha deciso di denunciare la famiglia per maltrattamenti, violenza sessuale e atti persecutori.
L’Italia nella Rainbow Map
Ogni anno, dal 2009, in occasione del 17 maggio l’organizzazione internazionale non governativa indipendente ILGA-Europe pubblica la Rainbow Map, una classifica dei 49 paesi europei redatta in base alle rispettive leggi e politiche a favore delle persone LGBTI. I paesi vengono esaminati facendo riferimento a 69 criteri, suddivisi in macro-categorie: uguaglianza e non discriminazione, famiglia, crimini d’odio e incitamento all’odio, riconoscimento legale del genere e integrità fisica, spazio della società civile, asilo ecc. La scala è in percentuali e va dallo 0% (grosse violazioni dei diritti umani) al 100%, che ne attesta invece il rispetto e la piena uguaglianza. L’Italia è solo al 22%.
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