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Omicidio Nunzia Alleruzzo, quando il delitto d’onore serviva a salvare la reputazione


L’arresto di Alessandro Alleruzzo, colpevole di aver ucciso a colpi di pistola la sorella Nunzia, riporta alle cronache un macabro reato: il delitto d’onore.

L’assassinio di Nunzia Alleruzzo

Nel 1995, stando alle dichiarazioni di un collaboratore di giustizia, Alleruzzo avrebbe ucciso la sorella, figlia di uno storico clan mafioso del Catanese legato Cosa nostra, colpevole di tradire il marito con esponenti del clan rivale. Il cadavere della donna venne ritrovato tre anni dopo, in un pozzo, con il cranio forato. Una vera e proprio esecuzione. Dopo 25 anni, arriva la verità sulla morte di Nunzia: “Alessandro è il mandante…eh…ammazzau…” (“Alessando è il mandante, l’ha uccisa“).

Il delitto d’onore

La colpa di Nunzia era quella di aver tradito il marito e di essersi innamorata dell’uomo sbagliato. Entrambi i “moventi”, fino al 1981, erano compresi nella fattispecie del delitto d’onore. Il delitto d’onore era previsto dal codice penale Rocco all’articolo 587, che recitava così: «Chiunque cagiona la morte del coniuge, della figlia o della sorella, nell’atto in cui ne scopre la illegittima relazione carnale e nello stato d’ira determinato dall’offesa recata all’onor suo o della famiglia, è punito con la reclusione da tre a sette anni». Quindi, nel nostro Paese, fino a quasi 40 anni fa, la pena per l’omicidio di una donna della propria famiglia (moglie, figlia o sorella), era di tre volte inferiore a quella di un omicidio di qualsiasi altro tipo (dai tre a sette anni per il delitto d’onore, contro i ventuno previsti in altri casi di omicidio volontario). Il motivo? Secondo il codice, l’onore leso di un uomo della famiglia poteva giustificare la morte della donna per mano sua.


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L’abrogazione della norma e del matrimonio riparatore

La norma viene abrogata con la legge n. 442 del 1981, in seguito al referendum sul divorzio del 1974. Insieme al delitto d’onore, nello stesso anno viene anche abrogato il cd. matrimonio riparatore. Ai sensi dell’allora art. 544 C.p., «Il matrimonio, che l’autore del reato contragga con la persona offesa, estingue il reato, anche riguardo a coloro che sono concorsi nel reato medesimo». Insomma, il reato di violenza sessuale si estingueva se lo stupratore sposava la sua vittima, «salvando l’onore della famiglia». Sedici anni prima dell’abrogazione, era stata una donna giovanissima, Franca Viola, a portare la triste testimonianza del matrimonio riparatore, dopo essere stata rapita e abusata.

Delitto d’onore oggi

Nel mondo, sono purtroppo ancora molti i Paesi in cui il delitto d’onore è riconosciuto. In Pakistan, ad esempio, il delitto d’onore è diffusissimo, più che in quasi tutte le altre parti del mondo. E anche in questo caso, le cronache degli ultimi giorni ci fanno stare con il fiato sospeso per la scomparsa di Saman, la ragazza pakistana che si era opposta al matrimonio combinato con il cugino. Gli inquirenti indagano proprio su questa pista.

Serve un cambiamento culturale

In Italia, il delitto d’onore non esiste più. Ma se a mancare è la sua previsione normativa, purtroppo lo stesso non può dirsi della mentalità che tende ancora a giustificarlo. La donna considerata un mero oggetto di appartenenza del marito, serva obbediente, l’unica colpevole per adulterio. Sì perché se fosse il marito a lasciare, significa allora che questa era incapace di svolgere i suoi doveri da moglie e donna. La legge può mutare, può e deve migliorarsi. Ma da sola non basta. È necessario che venga sempre accompagnata da una mentalità e da una cultura che sappia progredire ed evolversi. E purtroppo, ancora oggi, non è mai abbastanza.

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A proposito dell'autore

Laureata in Giurisprudenza a Palermo con una tesi di diritto penale, non ho mai abbandonato la mia passione per la scrittura. Curiosa ed ambiziosa, cerco di rinnovarmi continuamente.