Lo scorso 4 aprile, il gestore del ristorante di Villa Zito era stato fermato mentre cedeva una dose di cocaina. Oggi il gip di Palermo lo ha messo agli arresti domiciliari
Il gip di Palermo Antonella Consiglio ha disposto una misura cautelare per sei persone, accusate a vario titolo di vendita e cessione di droga alla «Palermo bene». A finire agli arresti domiciliari è anche Mario Di Ferro, il gestore del ristorante di Villa Zito fermato lo scorso 4 aprile mentre cedeva una dose di cocaina a Giancarlo Migliorisi, un burocrate a contratto dell’Assemblea regionale siciliana (Ars). Nel provvedimento del gip, Di Ferro è accusato di aver procurato e ceduto cocaina, tra gli altri, anche all’ex senatore di Forza Italia – ed ex presidente dell’Ars – Gianfranco Miccichè, che però non è indagato. L’inchiesta è coordinata dal procuratore capo Maurizio de Lucia e dall’aggiunto Paolo Guido. Le indagini della procura di Palermo sono nate per caso, durante un’intercettazione disposta nell’ambito di un’altra inchiesta.
Gli altri indagati
I primi approfondimenti hanno poi rivelato che Di Ferro era protagonista di un’intensa attività di vendita di cocaina a una selezionata clientela. Un’attività che svolgeva rigorosamente nel suo locale, divenuto a tutto gli effetti un luogo di spaccio. La procura sarebbe riuscita ad accertare diversi episodi di cessione di droga, realizzati dal ristoratore insieme ad altre persone. Tra gli altri indagati ci sono anche Gioacchino e Salvatore Salamone, già condannati per spaccio in un processo sui traffici dei clan mafiosi palermitani e ora in custodia cautelare in carcere. È a loro due che Di Ferro si sarebbe rivolto per rifornirsi dello stupefacente. Non solo: il ristoratore avrebbe anche impiegato tre dipendenti del suo locale come pusher. A tutti e tre è stato imposto l’obbligo di firma.
I filmati delle telecamere
Dopo che Di Ferro fu sorpreso a vendere cocaina a Migliorisi, il funzionario dell’Assemblea regionale siciliana fu interrogato dalla polizia e sospeso dal suo incarico. Agli agenti Migliorisi spiegò di aver telefonato al ristoratore chiedendogli di riservare un tavolo per tre persone per il pranzo. E quel riferimento alle tre persone, si è giustificato l’uomo alla polizia, «è stato poi incidentalmente utilizzato come riferimento al numero di dosi che intendevo acquistare». Nel corso dell’interrogatorio, Migliorisi ha ammesso di aver comprato cocaina da Di Ferro in passato, ma ha sostenuto di non sapere da chi il ristoratore si rifornisse. Le indagini si sono subito concentrate su Gioacchino e Salvatore Salamone, già coinvolti nel 2018 in un’indagine sul riciclaggio di denaro di alcuni clan locali dai traffici di droga. Le riprese dei sistemi di videosorveglianza, depositate agli atti dell’inchiesta odierna, hanno immortalato più volte Di Ferro mentre consegnava il denaro ai due fornitori dopo aver preso lo stupefacente.