“Non fare queste vergogne”, sono queste le parole che Maurizio Di Fede, uno dei boss mafiosi fermati nell’operazione Tentacoli della Squadra Mobile di Palermo, rivolge ad una amica. La vergogna, l’atto riprovevole, sarebbe mandare la figlia della donna alla manifestazione in ricordo dei caduti nella strage di Capaci.
L’episodio
L’episodio risale al maggio di tre anni fa. Di Fede, accusato di essere la mente operativa del clan di Ciaculli, rinnova la sua fede mafiosa e l’astio nei confronti dei giudici uccisi da Cosa Nostra nel ’92 in una conversazione con una sua amica. La donna, madre di una bambina di 7 anni, insiste nel mandare la figlia insieme al resto della classe alla manifestazione del 23 maggio, in ricordo dei giudici Falcone e Borsellino e di tutte le vittime di mafia. Ma la sua proposta incontra il veto assoluto del boss.
“Noi non ci immischiamo con Falcone e Borsellino”
“Noi qua non ci immischiamo con i carabinieri. Noi non ci immischiamo con Falcone e Borsellino… queste vergogne sono“. Sono queste le parole di Maurizio Di Fede, mentre la donna cerca di convincerlo dicendogli che si tratta di un “cosa scolastica“. Ma Di Fede non sembra voler sentire ragioni, scagliandosi anche contro la donna: “Se gli mandi la bambina sei una sbirra“. La madre della piccola insiste ancora e quando nomina il luogo della manifestazione, in cui si sarebbero dovuti ritrovare i bambini, Di Fede sbotta: “Alla Magione, là sono nati a cresciuti, i cornuti là sono nati“, alludendo a Falcone e Borsellino. “Falcone, mi****a che cosa inutile“, conclude.
A pochi giorni dall’episodio, l’uomo ritorna dalla donna per accertarsi che non faccia di testa sua, riprendendo l’argomento. Questa volta, si scaglia contro la scuola della bambina: “L’ha speciale questa scuola…ci devo andare a parlare con questo preside di questa scuola…gli devo dire ma siete tutti una massa di carabinieri qui?“.
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Maria Falcone: “Importante il lavoro che facciamo nelle scuole”
Maria Falcone, sorella del giudice ucciso a Capaci, commenta così le intercettazioni: “Le gravissime parole pronunciate dal boss arrestato oggi sono la riprova dell’importanza del lavoro che facciamo nelle scuole, un lavoro che dà evidentemente fastidio alla mafia e che proprio per questo va portato avanti. La mafia si combatte non solo con la repressione ma anche con una rivoluzione culturale e un’opera di educazione alla legalità in particolare delle giovani generazioni“.